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Cronaca

Giustizia e burocrazia, senza certificato di morte l'imputato rimane sotto processo anche da defunto

L'accusato è deceduto da clochard dopo una vita di truffe e raggiri, nessun Comune può certificate il trapasso e il giudice non può chiudere il processo

L’imputato è deceduto, ma nessuno accerta il trapasso e, quindi, il processo va avanti.

L’imputato, difeso dall’avvocato Daniele Federici, è accusato di truffa con una serie di assegni rubati.

Con quei titoli denunciati come rubati dal proprietario vengono acquistati oggetti o cambiati in banca.

Il presunto truffatore viene rintracciato, denunciato e processato. Alle spalle ha una lunga serie di reati simili.

Una vita balorda e sconclusionata che lo porta a finire ai margini della vita. Da Perugia, dove era arrivato nella sua peregrinazione di truffe in giro per l’Italia, partendo da Genzano Romano, finisce a Roma, a vivere da clochard e morire da solo.

Ed è a questo punto che la burocrazia blocca tutto il sistema. L’uomo viene sepolto a Roma, ma gli uffici comunali della Capitale non possono rilasciare il certificato di morte, in quanto spetterebbe al Comune di nascita o quello di ultima residenza (in questo caso coincidono perché nel suo vagare l’uomo non ha mai cambiato residenza). Il Comune di Genzano Romano non può certificare il decesso perché non risulta.

Il processo, quindi, non si può concludere con la dichiarazione di morte del reo. Almeno finché non arriverà un certificato.

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