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Cronaca

Ottiene permesso di soggiorno e lavoro grazie ad una ricetta medica

La Prefettura non considera la prescrizione medica sul ricettario bianco come atto pubblico, per il Tribunale amministrativo se ci sono i dati del medico iscritto al Servizio sanitario è perfettamente valido

Presenta la domanda di emersione dal lavoro e si salva grazie ad una ricetta della dottoressa.

Uno straniero e il suo datore di lavoro hanno presentato la domanda per l’emersione dal lavoro irregolare, ma se la sono vista respingere dalla Prefettura di Perugia - Sportello Unico per l'Immigrazione e Ministero dell'Interno, in quanto mancava un requisito: “la presenza sul territorio nazionale dal 31 dicembre 2011 deve essere attestata da documentazione proveniente da organismi pubblici”. Il lavoratore e il datore potevano attestare solo che ha sempre lavorato lì.

I due hanno fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale tramite gli avvocati Suzana Korriku e Silvia Cutini, ritenendo che negli atti che accompagnavano la domanda vi fosse già il documento che attestava la presenza dell’uomo in Italia. La Prefettura, invece, non aveva ritenuto valido ai fini pubblici tale documento.

Il lavoratore “aveva prodotto, ai fini della prova della propria presenza in Italia prima del 31 dicembre 2011, la prescrizione di un farmaco per ... datata ..., rilasciata su ricettario non intestato, ma recante il timbro della dottoressa ..., specializzata in medicina interna, esercente l’attività di medico di base in convenzione con il SSN nel Comune di ...”. Per lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Perugia tale documento non sarebbe valido perché non rilasciato “da un organismo pubblico”.

I giudici amministrativi hanno ritenuto il ricorso “fondato e merita accoglimento” in quanto la prescrizione medica di un dottore iscritto all’anagrafe del Servizio sanitario nazionale, con tanto di codice fiscali e dati identificativi, per quanto scritta sul “ricettario bianco” non potendo utilizzare quello “ufficiale” del Servizio sanitario per ovvi motivi di “clandestinità” del soggetto, equivale ad un atto pubblico. Quindi si annullano gli atti della Prefettura con i quali non è stato concesso il beneficio all’uomo e al datore di lavoro.

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