Morte di Davide Piampiano, per il giudice è omicidio colposo. Il consulente: "Impossibile salvare la vittima"
Ritrovato nel Fosso delle Carceri il bossolo dela cartuccia esplosa durante la battuta di caccia di frodo
Omicidio colposo. Il giudice per le indagini preliminari di Firenze (distretto giudiziario presso i quale è stato trasferito il caso per competenza in quanto la madre della vittima è magistrato onorario a Spoleto) ha liberato il 56enne accusato della morte di Davide Piampiano l’11 gennaio scorso ad Assisi, durante una battuta di caccia abusiva, riqualificando l’accusa da omicidio volontario con dolo eventuale, in omicidio colposo.
“Durante una battuta di caccia al cinghiale alle pendici del monte Subasio, alla quale partecipava unitamente” alla vittima, si legge nel nuovo capo d’imputazione, “e ad altre persone, per negligenza, imprudenza e imperizia e in violazione dei divieti di legge (trattandosi di zona boschiva e di giorno non consentito) cagionava la morte” del 24enne “con le seguenti condotte, attive e omissive: dapprima mirando ed esplodendo, senza intenzione, al suo indirizzo un colpo di fucile” raggiungendo organi vitali e procurando una profonda ferita “di per sé idonea a cagionarne il decesso”.
Secondo il gip di Firenze l’indagato avrebbe omesso di adottare le “cautele minime, doverose e indispensabili al fine di impedire l’evento infausto”, ma prevedibile durante una battuta di caccia. L’arrestato avrebbe dovuto “astenersi dall’azione di fuoco finché non avesse avuto la certezza della effettiva natura del bersaglio avuto di mira” e che non ci fossero persone nella linea di tiro.
Sulla decisione del giudice pesa la consulenza della Procura, secondo la quale la morte del giovane sarebbe avvenuto 17 minuti dopo il colpo di fucile e anche se l’arrestato avesse chiamato i soccorsi, questi non sarebbero giunti in tempo.
I Carabinieri avrebbero anche ritrovato il bossolo della cartuccia sparata, gettato dall’indagato, nella zona del Fosso delle Carceri.
Per il magistrato non ci sono dubbi sullo svolgimento dell’azione, ma “la responsabilità è di tipo colposo” in quanto “non sussiste la causalità omissiva tra l’omessa chiamate dei soccorsi da parte dell’indagato e il decesso della vittima”.
Sussiste, però, il pericolo che l’indagato, assistito dagli avvocati Luca Maori e Stefano Longo, “commetta altri reati”, da qui l’obbligo di firma alle 7 e alle 16 ogni giorno, con conferma del sequestro di tutte le armi.
La famiglia della vittima si è affidata all’avvocato Franco Matarangolo.