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Cronaca Monteluce

Scempio a San Bevignate, lo studentato fu autorizzato dalla Regione: lo dice il Comune

La discussione è avvenuta nella Commissione di Controllo e Garanzia si è occupata questa mattina della nota presentata dai consiglieri Scarponi, Neri, Corrado e Bargelli sul progetto per San Bevignate (residenza per studenti). Gli atti del Comune

Non fu l'Adisu a spingere per costruire uno studentato davanti la Chiesa templare di San Bevignate - monumento dal valore internazionale - ma la Regione che era proprietaria dell'area (dove sorge ora il cantiere della discordia). I fatti risalgono al 2005 con tanto di atti e autorizzazioni. La conferma arriva dal dirigente del Comune Antinoro che ha ripercorso l’iter concernente la vicenda, sulla base dei documenti in possesso di Palazzo dei Priori. La discussione è avvenuta nella Commissione di Controllo e Garanzia si è occupata questa mattina della nota presentata dai consiglieri Scarponi, Neri, Corrado e Bargelli sul progetto per San Bevignate (residenza per studenti). Un'analisi che lascia comunque perplessi dato che la Regione ha previsto una struttura simile davanti ad un bene fondamentale per il turismo di casa nostra. 

LA RELAZIONE DEL COMUNE - Per questa pratica è stato seguito un iter speciale, non soggetto a conferenza di servizi nè a permesso a costruire del Comune, perchè riguardante un’opera pubblica di cui alle legge regionale 1/2004, art. 8. Ed allora è emerso che la vicenda nasce prima del 2007, anno in cui il Comune ha provveduto a varare la variante urbanistica. Prima di quell’anno, infatti, vi sono alcuni atti della Regione (proprietaria dell’area) datati 2005 in cui si autorizzava Adisu a presentare un progetto per la realizzazione delle residenze, ai fini dell’accesso a fondi statali oltre ad un co-finanziamento regionale. 

Inoltre, nel medesimo protocollo, la Regione dava mandato ad Adisu di richiedere al comune di Perugia una variante al Prg per ottenere la conformità urbanistica dell’area. Il Comune, sulla base della documentazione ricevuta, ha programmato per il 2007 la citata variante, adottata dal Consiglio Comunale nel maggio 2007 e poi approvata nel luglio 2007 non essendo pervenute osservazioni. Acquisita la conformità urbanistica, inizia tutto l’iter autorizzatorio ambientale, visto che l’area sorge in un sito vincolato. Istruito il progetto, nel novembre 2007, come da procedura, il Comune rilascia l’autorizzazione paesaggistica preventiva; questa autorizzazione, posta al vaglio della sovrintendenza, viene annullata perchè il progetto è valutato carente di motivazione e non congruo. 

A seguito di ciò nel 2008 il progetto viene ripresentato da Adisu e modificato per ottenere la nuova autorizzazione paesaggistica. Quest’ultima, stavolta, viene rilasciata direttamente dal Dirigente regionale competente senza interpellare sul punto il Comune (procedura consentita dalla normativa), nonchè avallata successivamente dalla Sovrintendenza (settembre 2008). 

Nel 2009, infine, il Comune rilascia la mera conformità urbanistica al Prg sul progetto in menzione. Da quel momento in poi il Comune non ha emesso alcun provvedimento sulla questione. Per ciò che concerne la eventuale decadenza dell’autorizzazione paesaggistica (triennale), Antinoro ha chiarito che il decreto del “fare” del 2013 ha consentito di prorogare la validità (ulteriori 3 anni) delle autorizzazioni già concesse. Di talchè anche quella in menzione è pienamente vigente. Sul progetto in discussione sono state rilasciate anche le opportune autorizzazioni archeologiche con la prescrizione di comunicare l’inizio di ogni lavoro di scavo per permettere alla Sovrintendenza di assistervi. 

L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE  L’Assessore Liberati ha manifestato la massima disponibilità da parte dell’Amministrazione ad effettuare tutti gli approfondimenti del caso. Inoltre ha riferito che il Sindaco ha già promosso un incontro sul tema in Regione con tutti i soggetti interessati. Tutti i gruppi - a partire dal Pd - sono concordi su due possibili soluzioni: in primis verificare con attenzione l’intera procedura per cercare degli appigli tecnico-giuridici tali da consentire un provvedimento di interruzione dei lavori; in alternativa, recuperare politicamente l’errore commesso da parte di Regione e Comune, magari spostando il progetto in un’area limitrofa, sempre di proprietà regionale, ma non vincolata.

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