Mobbing e malattia professionale, la Cassazione ribalta la sentenza che ha respinto il risarcimento
Rinvio alla Corte d'appello di Perugia per una nuova decisione sul caso
La Cassazione ha ribaltato il giudizio su un caso di mobbing in azienda, annullando la doppia pronuncia di primo grado e appello in merito all’azione civile proposta da una lavoratrice nei confronti della datrice di lavoro e dell’Inail.
La lavoratrice aveva chiesto, vedendoselo negare, “il diritto all'indennizzo nei confronti dell'Inail per il disturbo post- traumatico da stress cronico con depressione e ansia miste, conseguente all'azione di mobbing messa in atto dalla datrice di lavoro”.
Per i giudici di primo grado non c’era “nesso causale tra la condotta di mobbing e la patologia”, mentre per quelli di appello, pur di fronte al collegamento tra mobbing e malattia, avevano ritenuto che “si fosse al di fuori della malattia professionale indennizzabile”: la copertura assicurativa avrebbe operato “solo per le tecnopatie conseguenti alle lavorazioni indicate nell'art.1 e non per quelle dipese da modalità organizzative del rapporto di lavoro”.
I giudici di Cassazione hanno ritenuto, invece, che “la sentenza avrebbe errato nel richiedere il nesso di causalità tra la malattia e una specifica lavorazione, in quanto sarebbe ammesso l'indennizzo anche per malattie non tabellate, purché sia dimostrata la loro origine professionale”.
Ne consegue che la sentenza vada “cassata con rinvio alla medesima Corte d'appello per gli ulteriori accertamenti di merito e per la pronuncia sulle spese del presente grado”.