Presa a calci in gravidanza, insultata e minacciata: marito violento sotto processo
L'uomo non voleva che la moglie lavorasse e uscisse con le amiche. Una sera le avrebbe messo i vestiti in un sacco lasciato in giardino e non l'avrebbe fatta rientrare in casa
Botte, minacce e insulti perché la moglie viveva all’occidentale, voleva lavorare e uscire con le amiche.
Un uomo, un marocchino di 56 anni, difeso dall’avvocato Alberto Catalano, è finito davanti al collegio del Tribunale penale di Perugia per rispondere dell’accusa di maltrattamenti nei confronti della moglie e dei figli. La donna si è costituita parte civile tramite l’avvocato Maria Cristina Ciace.
Secondo la denuncia presentata dalla moglie, l’uomo l’avrebbe ingiuriata spesso, chiamandola “tro… e put…” e una sera, “mentre era in stato di gravidanza” l’avrebbe svegliata con un calcio e poi insultata.
In più occasioni le avrebbe vietato di prendere l’auto per recarsi al lavoro, costringendola a percorrere diversi chilometri a piedi oppure, “non acconsentendo all’acquisto di una nuova vettura fino a che avesse mantenuto il posto di lavoro” come interprete alla Questura di Firenze, avrebbe anche squarciato uno pneumatico per non farla andare al lavoro.
Durante un litigio avrebbe tentato di strangolarla e in un’altra occasione, “visto il rifiuto della moglie ad avere un rapporto sessuale” l’avrebbe presa a calci “dicendole che se non si fosse concessa avrebbe dovuto dormire sul divano”. Mentre una sera, “per motivi di gelosia” avrebbe messo “i vestiti della moglie in sacchi di plastica” lasciandoli in giardino.
Una volta avrebbe mandato un amico in un locale dove la moglie stava festeggiando il compleanno con le amiche, per poi impedirle di rientrare nell’abitazione, insultandola.
Diverse volte avrebbe minacciato di morte la donna, davanti al figli, dopo averla insultata e averle sputato addosso o colpendola con lo sportello del camion, usato dall’uomo per lavoro, durante una lite nei pressi di un distributore, episodio ripreso dalle telecamere di videosorveglianza.
Una situazione che aveva reso la vita insopportabile alla donna, “paralizzata da un costante e perdurante timore per la propria incolumità, consapevole che nel momento in cui si sarebbe ribellata a questo stato di violenza permanente, avrebbe suscitato ancora di più le ire del marito ed avrebbe rischiato la vita” si legge nella costituzione di parte civile.
La donna ha trovato il coraggio di rivolgersi alla Procura della Repubblica, denunciando tutte le violenze commesse contro di lei, solo dopo che il marito si è allontanato di casa.