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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

La proposta: Porta Sant'Angelo potrebbe divenire uno stupendo Ecomuseo delle Acque

"Esiste anche una legge regionale che asseconda la nascita degli Ecomusei: e il Borgo d’Oro ha tutti i requisiti per diventarlo"

“Porta Sant’Angelo potrebbe diventare l’Ecomuseo Urbano delle Acque. Possiede di suo una consistente via delle acque: tra l’antico acquedotto di Monte Pacciano, via dei Condotti,  oltre a un gran numero di pozzi e cisterne che punteggiano il rione. Esiste anche una legge regionale che asseconda la nascita degli Ecomusei: e il Borgo d’Oro ha tutti i requisiti per diventarlo”.

Lo sostiene, con argomentata competenza, un residente storico: l’architetto Mauro Monella, che del Borgo conosce ogni pietra e ogni storia che le pietre ci raccontano. Certo: Monte Pacciano e la travagliata storia dell’acquedotto, l’antico percorso della piaggia di San Benedetto, con le tubazioni interrate sotto via Benedetta (oggi Adisu) e via del Fagiano, che interseca via Fabretti.

Ogni casa, praticamente, aveva pozzo o cisterna fin dal Medioevo. Ce n’erano ovunque: in S. Agostino e in via dei Pellari, dove l’abbondanza di acque consentiva anche la concia delle pelli (se ne vedono ancora le vasche all’interno dello splendido Oratorio a fianco della chiesa). Di ampie dimensioni, e bellissimo, quello incluso nel chiostro del Monastero di S. Agnese (foto).

Molti, purtroppo, sono stati interrati o sono diventati dei “butti”, all’interno dei quali si trovano reperti antichi, ossa, monete, frammenti ceramici. “In quello  della mia casa – racconta Monella – ho trovato i resti della carcassa di un asino”.

Pozzi, il cui sito è tuttora segnalato con un chiusino in pietra con la scritta sono in via Lupattelli, vicino alla Sala Milioccchi, in adiacenza alla scomparsa Porta di S. Cristoforo, tanto per restare nell’ambito della prima cerchia muraria. Ma anche in via Persa, così detta perché ultima, rispetto alla Porta in cima al borgo.

Ma ci sono almeno quattro pozzi comuni, tuttora segnalati da una pietra con la scritta, anche se la vera puteale – ossia la parte esterna in pietra serena o travertino – è stata generalmente depredata o comunque spostata.

“Un caso indegno – dice Monella – è quello del pozzo di via del Gallo (tra corso Garibaldi e via Lupattelli). Non si sa come e per quale ragione ma, alla fine degli anni Cinquanta, è stato compiuto l’atto efferato di smontare la vera e conferirla in via Boncambi, all’interno del cortile del Palazzo dei Priori. Già abbastanza sfigurato di suo: si pensi all’incongrua scala di sicurezza metallica, un vero pugno in un occhio!”.

Che fare? Rimediare allo scippo, restituire il maltolto, senza spese, facendo rimontare la vera nel luogo d’origine a cura dei solerti operai del cantiere comunale. Per riconsegnare al luogo originale ciò che gli apparteneva. Unicuique suum.

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