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Cronaca Umbertide

Moschea di Umbertide, tra prescrizione e proscioglimento niente processo per i 13 imputati

La decisione del giudice per l'udienza preliminare: il fatto non costituisce reato. Coinvolti due ex sindaci, tecnici comunali e responsabili della comunità islamica

IL processo per la costruzione della moschea ad Umbertide non si farà. Il giudice per le indagini preliminari Angela Avila ha dichiarato la prescrizione per una parte delle accuse e il proscioglimento per altre in quanto il fatto non costituisce reato.

Erano tredici gli imputati, due ex sindaci di Umbertide, due tecnici comunali, il presidente e alcuni membri del consiglio direttivo dell’associazione islamica. L’indagine era nata a seguito dell’esposto presentato dall’esponente leghista Valerio Mancini nel 2017 sulle operazioni tecniche e amministrative necessarie alla costruzione della moschea ad Umbertide. I reati ipotizzati erano abuso d’ufficio e turbativa d’asta e un altro abuso che riguarda la presa in carico da parte del Comune dei costi che avrebbe dovuto sostenere il committente dei lavori.

Per il sostituto procuratore Gemma Miliani, nell’acquisto del terreno di via Madonna del Moro, ex serra comunale, l’associazione islamica avrebbe avuto una corsia preferenziale, acquistando anche i terreni vicini senza passare per una nuova gara. La turbativa d’asta sarebbe avvenuta con la modifica di estensione, valore e ubicazione dei lotti, per arrivare ad avere la cubatura edificabile necessaria per costruire il luogo di culto.

L’associazione islamica si sarebbe aggiudicata, così secondo la Procura, gli altri lotti per 100mila euro, in modo da avere la cubatura necessaria a costruire, all’incirca 600 metri quadri.

Per il perito nominato dalla Procura di Perugia, il terreno principale, per 780 metri quadri, sarebbe stato aggiudicato all’asta per 50mila euro, poi i lotti contermini sarebbe stati oggetto di nuova disposizione, con un nuovo piano attuativo, ma senza passare per una delibera di giunta e per la successiva asta pubblica.

L’indagine aveva toccato anche le modalità di raccolta del denaro per la costruzione degli spazi religiosi e sociali della comunità islamica, ma non erano emerse irregolarità.

Gli imputati erano difesi dagli avvocati Giancarlo Viti, Gianni Zurino, Simone Nicotra, Marco Paone, Simone Rossi, Raffaela Violini, Sandro Picchiarelli, Francesco Marcucci, Stefano Bagianti e Paolo Bondi.

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