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Cronaca

Inviato Cittadino | Lo storico orologio della Perugina è riparato ed efficiente… ma il Comune non sa che farsene e non lo ritira

Fu il direttore Giacomo Santucci, bella figura di educatore, a recuperarlo, quel vecchio orologio, a tirarlo fuori dai detriti della demolizione e farlo apporre alla parete della sua scuola

Lo storico orologio della Perugina, recuperato da Giacomo Santucci, è riparato ed efficiente… ma il Comune non sa che farsene e non lo ritira. La storia è ormai divenuta stucchevole. Ha superato i limiti della decenza. Sta diventando addirittura ridicola. L’Inviato Cittadino, su segnalazione dell’amico Cesare Barbanera, raccontò la storia di quell’orologio, abbandonato fra le macerie della fabbrica demolita. Per fare largo a quel “capolavoro” della Nuova Fontivegge (sarà l’aggettivo “nuovo” che porta jella! È successo a Monteluce, succederà ai Tabacchi).

Fu il direttore Giacomo Santucci, bella figura di educatore, a recuperarlo, quel vecchio orologio, a tirarlo fuori dai detriti della demolizione e farlo apporre alla parete della sua scuola: la Comparozzi (https://www.perugiatoday.it/attualita/ex-fabbrica-perugina-fontivegge-reperti-madonna-alta.html). L’idea era quella di ristabilire il filo rosso che lega le generazioni. Quell’orologio aveva scandito le ore della giornata di tanti lavoratori. Gli studenti lo avrebbero adottato come cimelio e insieme simbolo della loro persuasa appartenenza alla città di Perugia. Ricordando genitori e nonni che in quella fabbrica si erano riconosciuti.

Il cimelio rimase lì per anni – dopo la scomparsa del “direttore” – perdendo efficienza e funzionalità, ossidato e negletto, per giunta oscurato dalla chioma di un pino (foto 2). Ne scrissi su queste colonne e il gruppo facebook Pulchra Perusia (nelle persone di Leonardo Belardi e Mila Breccolenti, seguiti da altri soci) si offrì di pagare per il suo restauro. Si fece parte attiva l’allora consigliera comunale Lorena Pittola che assecondò convintamente i primi passaggi dell’operazione.

Orologio Perugina... dimenticato (foto Sandro Allegrini)

L’oggetto venne consegnato all’orologeria Pazzaglia di piazza Ansidei. Quegli abili artigiani, con impegno e dedizione, lo ricromarono, ricostruirono il quadrante in vetro con serigrafate le ore, sabbiarono, ripulirono e riverniciarono le sfere, lo rimisero in condizione di funzionare, riattivando il sistema di alimentazione (https://www.perugiatoday.it/attualita/orologio-perugina-inviato-cittadino.html). Insomma: operarono una perfetta “restitutio ad integrum”. Qualcuno propose di piazzarlo, quel cimelio, nella zona co-working di Fontivegge. Poi le elezioni, il cambio di amministrazione (nella continuità del Capo della stessa) e tutto cadde. In un dimenticatoio colpevole e ingiustificabile.

Leonardo Belardi sollecitò invano, fino allo stremo, amministratori e dirigenti. Ma quell’orologio è lì da molti mesi, nel laboratorio Pazzaglia (foto 1), col suo notevole ingombro, senza che nessuno si faccia carico di ritirarlo e riposizionarlo. Triste monumento dell’inefficienza e della cattiva volontà. Ora, Cesare Barbanera, che dette l’input iniziale, scrive: “Ci piacerebbe sapere che fine ha fatto quell'orologio, recuperato dalle macerie della fabbrica dolciaria la Perugina di via Mario Angeloni (foto 3), dall'allora direttore didattico Giacomo Santucci e posto sopra l'ingresso della scuola Comparozzi. Quell'orologio, come scrisse @Sandro Allegrini, ​ ha per anni scandito i turni di lavoro e la vita di tante persone, operai e impiegati della Perugina. Andrebbe riposizionato all'ingresso della scuola, come testimonianza di una città che non dimentica i nostri educatori”.

La proposta di ricollocarlo dove stava mi sembra sensata. La giro a Leonardo Belardi e agli amministratori del Comune di Perugia. Sempre che abbiano orecchie per ascoltare. Del qual fatto viene seriamente da dubitare. Ad almeno un paio d’anni di distanza, nessuno si è fatto avanti per ritirare un dono fatto alla città, da un gruppo di affezionati cittadini, in onore della sua storia. Una vicenda dai contorni che ci asteniamo dal definire.

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