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Cronaca

Fanghi di smaltimento usati nelle opere stradali: sei arresti per ndrangheta. Coinvolta anche l'Umbria

"Operazione Keu" dei Carabinieri forestali in Toscana. Collegamenti anche per lavori e affari a Perugia e Terni

I Carabinieri Forestali della Toscana, coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Firenze e sotto il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, hanno attuato in Toscana, Calabria e Umbria una massiccia operazione per l’esecuzione di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dal gip del Tribunale di Firenze contro la cosca Gallace

I reati contestati vanno dall’associazione a delinquere aggravata all’agevolazione mafiosa, alle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti all’inquinamento ambientale ed all’impedimento del controllo da parte degli organi amministrativi e giudiziari. Nell’ambito dell’operazione, denominata “KEU” (dal nome dell’inerte finale derivante dal trattamento dei fanghi prodotti dagli scarti della concia delle pelli), sono state eseguite 6 misure di custodia cautelare (una in carcere e cinque agli arresti domiciliari), 7 misure cautelari di interdizione dall’attività imprenditoriale, 2 sequestri preventivi di impianti di gestione di rifiuti ed oltre 60 perquisizioni. Eseguito anche un provvedimento di sequestro per equivalente per oltre 20 milioni di euro e numerose perquisizioni ed ispezioni personali e domiciliari presso oltre 50 obiettivi nelle provincie di Firenze, Pisa, Arezzo, Crotone, Terni e Perugia.

Iniziata a maggio 2018, l’attività, condotta con metodi tradizionali e con il supporto di sofisticate attività tecniche e telematiche, ha riguardato la gestione dei rifiuti, specificamente dei reflui e dei fanghi industriali, prodotti nel distretto conciario ubicato tra le provincie di Pisa e di Firenze.

In particolare è emerso che i rifiuti derivanti dal trattamento dei fanghi della depurazione degli scarichi delle concerie trattati dal complesso industriale Aquarno, e denominati “KEU”, consistevano in ceneri che presentano concentrazioni di inquinanti tali da non poter essere riutilizzati per recupero in attività edilizie di riempimento di rilevati o ripristini ambientali, ed invece erano inviati ad un impianto di produzione di materiali riciclati che provvedeva a miscelare questo rifiuto con altri inerti e a classificarlo materia prima per l’edilizia, così da essere impiegato in vari siti del territorio con concreto pericolo di contaminazione del suolo e delle falde.

Inoltre sono emerse altre criticità per quanto le attività di scarico delle acque depurate operate dallo stesso depuratore “Aquarno” che riversa nel corpo recettore, il canale Usciana, acque non adeguatamente depurate. Anche la fase di lavorazione del cromo esausto ha presentato notevoli profili di criticità, essendo commercializzato dopo un trattamento, come materia prima pur non avendone i requisiti, e rimanendo un vero e proprio rifiuto.

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