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Cronaca

Il personaggio | In ricordo di "Zio Mario" Mariani: esperto di glamour, raffinato esteta, ironico e amico vero

Se n’è andato in silenzio, tradendo il suo fare caciarone e la sua voglia di essere al centro, sempre e comunque

Ci ha lasciati Mario Mariani, personaggio estroverso e controverso, dotato di strabordante umanità. Un pezzo di storia magionese. Lo avevamo conosciuto come titolare di un negozio di abbigliamento, al curvone dell’ingresso in città., non faceva mistero delle sue inclinazioni, stigmatizzate dai benpensanti, perché Mario non aveva alcun imbarazzo a mostrarsi com’era. Anzi, se possibile, caricava fino all’incredibile. Diceva, tra il serio e il faceto: “Chiamatemi Principessa del Lago o Maria La-O!” e noi ragazzi gli facevamo il verso. Sembrava un personaggio d’altri tempi: col capello impomatato alla Carlo Dapporto. Allora non usava, come si dice, fare “outing” o “coming out”. Ci si nascondeva o al contrario, come Mario, più raramente, si esagerava. Per prendere e prendersi in giro.

Amava autodefinirsi con diversi alias. Uno di essi era “Mario Show”, in ragione della sua marcata predilezione per lo spettacolo. Non era difficile incontrarlo al cinema o al teatro, dove faceva mostra di conoscere personaggi del jet set, nella Capitale e all’estero. Curava sfilate di moda, maschili e femminili. Con gusto e stile ineccepibili. Una volta lo fece alla Stranieri, all’intervallo di un concerto. Amava le arti e gli piaceva strimpellare il piano. Col quale si accompagnava, scimmiottando Wanda Osiris e cantando appassionato “Le foglie morte”. Prevedeva – per sé come per tutti – la tristezza dell’autunno. Era una scena che non sapevi se volutamente ironica o tragica. 

Di certo, Mario nascondeva un temperamento drammatico: quello dovuto alla sua condizione di diversità, che intimamente avvertiva come tragedia, legata all’impossibilità di essere “normale”. Tanto che millantava improbabili “mariti”, per darsi una patina di normalità. Qualcuno si divertiva a provocarlo o a fargli l’eco: Mario stava al gioco e rendeva pan per focaccia, con spirito goliardico e autoironico. Se lo sfottevi, ti ripagava con la stessa moneta. Senza acrimonia, ma pareggiando i conti.

Negli ultimi tempi aveva perso un po’ di lucidità e si confondeva: era economicamente benestante, ma si credeva povero. Si era anche avvicinato alla fede, quella insegnatagli dalla mamma, e prendeva molte messe. Aveva una paura tremenda della fine e frequentava con assiduità i cimiteri. “Per abituarmi”, diceva tra il serio e il faceto. “Negli ultimi tempi – racconta l’attore e musicista Nino Marziano, ex frego di piazza Grimana – Mario telefonava a tutti gli amici, a qualsiasi ora del giorno e della notte”, per avere 'la voce amica'. Faceva sua, volendo o no, la frase di Alberto Sordi, quando ironizzava: “Pronto, dica: Voce Amica!”.

Ci ha lasciato in sordina, Mario, due mesi fa. Lo abbiamo saputo adesso da Nino. Se n’è andato in silenzio, tradendo il suo fare caciarone, nella casa di riposo dov'era ricoverato, a Terni. È la fine di tanti personaggi diversi, suoi e nostri amici. Artisticamente dotati e amanti delle luci della ribalta purchessia, comica o tragica che fosse. È stato così per Benito Vicini (“Nito”), musicista, pittore e performer. Come per Silvano Cenci, in arte Giorgio Straccivarius, poeta, musicista, ‘monaco tibetano’ in quel di Corciano, attore, traduttore e interprete di Edgar Allan Poe. Tutti morti in solitudine: loro che amavano, come il poeta perugino Sandro Penna, la compagnia dei ragazzi. Commenta Nino: “Addio, impareggiabile genio della scurrilità in rima e del sorriso mai riposto. Riposa in pace”. Ricordo che, da ragazzi, ci siamo esercitati in dileggio e cattiveria. Con l’incoscienza e la sicumera tipiche dell’età. Ora, col poeta, ci scopriamo, e riconosciamo in Mario, la natura di “fragile fibra dell’Universo”. Tutto questo ci rende spaesati, insicuri. Umanamente più disposti a comprendere. Perciò, con Nino, dico: “Ciao, Mario. Ci hai fatto sempre ridere. Questa è la prima volta che ci fai piangere”.
 

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