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Cronaca

Giustizialismo e garantismo, lo scontro tra politica e giustizia da Mani pulite alla prescrizione

L'intervento di Giuliano Mignini, sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello di Perugia

Viviamo in un periodo di grande disinvoltura lessicale, non solo per l’acritica assunzione di “anglicismi” o, comunque, di parole straniere nella nostra lingua, mentre altrove non ce la fanno ad entrare nelle lingue termini come “computer” che, ad esempio, in Spagna si rende come “computadora”, tanto per fare un solo esempio, ma anche perché si recepiscono acriticamente, quasi con voluttà, parole costruite a tavolino in certi contesti, magari prendendole a prestito da altri, per assemblare un termine, che diventa una sorta di parola “talismano” che si recepisce senza discussione insieme al significato che si è voluto loro attribuire. Di esempi, se ne potrebbero fare molti, ma quello che stupisce e che la dice lunga sulla superficialità che caratterizza il mondo contemporaneo e, soprattutto, quello spicchio di esso che è l’Italia, quello che stupisce, dicevo, è il fatto che, nel nostro paese, non si rifletta minimamente sull’aspetto semantico della parola che ha, ormai, perso gran parte del suo significato.

Uno degli ambiti in cui questo svuotamento semantico ha raggiunto livelli intollerabili, oltre alla politica (si pensi al termine “sovranismo” o “populismo”), è quello relativo alla Giustizia, con l’”alternativa” “Giustizialismo – Garantismo”, affermatasi, guarda caso, in coincidenza con l’esplosione del conflitto tra “Politica” e “Giustizia”, che ha una genesi remota ma che solo in coincidenza con la vicenda cosiddetta di “Mani pulite”, ha raggiunto livelli clamorosi, rasentando sempre il diapason con i governi Berlusconi, fino ai nostri giorni, soprattutto sulle polemiche sull’istituto della prescrizione.

Cosa significa “Giustizialismo”? Il significato originario del termine rimanda alla prassi politica del dittatore argentino Juan Domingo Peron (1895 – 1974), cioè ad una forma di regime autoritario, non allineato in uno dei due blocchi, autarchico, nazionalista e con forti venature “populiste”, termine, a sua volta, preso in prestito dalla corrente ideologica russa di fine 800, tra i cui esponenti figura Lev Tolstoj e, con una forte accentuazione cristiana e slavofila, Fjodor Michailovich Dostojevskij. Insomma, una sorta di “Comunitarismo” autoritario.

Quale rapporto possa scorgersi tra questa realtà e l’attuale concezione di “Giustizialismo”, legata ad un’idea di Giustizia in cui, in sostanza, il fine giustifica i mezzi usati o, comunque, ad una concezione “ipertrofica” della Giustizia, come fondamento dello Stato, al di sopra della Politica, rimane un mistero, secondo parametri logici. Secondo invece l’approssimazione e l’enfatizzazione proprie del linguaggio politico giornalistico, il “Giustizialismo” sarebbe una forma di “Populismo”, con il che siamo al punto di partenza perché quest’ultimo termine è, a sua volta, legato non ad una realtà, ma ad una “percezione” soggettiva di un determinato settore “politico-giornalistico-economico” che, non sapendo come definire i critici del processo di indebolimento dello Stato nazionale a favore di entità superstatuali, hanno “battezzato” questo concetto complesso e non facile da descrivere con un termine “talismanico”, destinato a prestarsi a un’operazione di delegittimazione e di drammatizzazione, quale, appunto, quello di “populismo” che da Tolstoj o Dostojevskij è passato a significare…. Matteo Salvini (?!).

E così, quando si parla di “Giustizialismo” si intende un atteggiamento irrispettoso delle garanzie individuali, “forcaiolo”, tutto teso ad un accertamento della realtà dei fatti, oggetto del processo, a qualsiasi costo e chi più ne ha più ne metta.

Si gioca con le parole e con i loro significati. Tanto il pubblico, poco abituato ad un atteggiamento selettivo e critico sui termini lessicali, italiani e stranieri, che via via vengono inventati ed imposti, non farà caso a queste sottigliezze e userà subito, senza riflettere, il nuovo termine, nonché il valore semantico che è stato creato a tavolino e che ad esso è incorporato. Situazione non dissimile si ha per il “Garantismo”. Cosa significa ? Significa rispetto per le garanzie, soprattutto processuali. “Garanzia” deriva dall’antico tedesco “War” che significa “vedere”, “controllare”e, con un’estensione del concetto in ambito quasi militare, “proteggere”, “difendere”, dal verbo “werian”.

I due concetti di cui stiamo parlando vengono però posti come alternativi l’uno all’altro. Lo schema portante della società nell’attuale momento storico è infatti dialettico, fatto di termini contrapposti che non trovano composizione. Accade in tutti i campi, anche, forse soprattutto in quello in cui dovrebbe imperare la regola dell’unità dei fedeli, per tacere d’altro, cioè nell’ambito ecclesiastico.

Quindi, o “Giustizialismo” o “garantismo” e di conseguenza, in forza della caratteristica drammatizzazione ed enfatizzazione del conflitto, che va di pari passo con la crescente indeterminatezza dei due termini, il “Giustizialismo” significherà “manette facili”, magistratura incontrollata e autoreferenziale, magari “politicizzata”, (non guasta mai), arbìtri processuali, inosservanza delle garanzie, specie difensive, riforme contro la prescrizione, irresponsabilità dei magistrati, tutela dell’immagine degli stessi, salvi i casi di autentici arbitri, questi sì da punire in modo esemplare ma selettivo e non generalizzato all’intera magistratura e così via. Il “Garantismo” si legherà invece al ruolo dei “politici”, per lo meno di certe aree, ormai saldate con l’azione di gran parte dei penalisti, la difesa ad ogni costo della prescrizione che abbiamo solo noi, in Italia, la tendenza a misconoscere la peculiarità dell’azione giudiziaria, la moltiplicazione dei vincoli alla stessa, la delegittimazione costante della magistratura specie attraverso l’utilizzo di uno strumento, questo sì di garanzia, come l’istituto delle impugnazioni e, quindi, a presentare come “errore giudiziario” ogni decisione difforme assunta da un giudice rispetto a un altro, come se la pluralità dei gradi non dovesse portare ad altro che alla ratifica della decisione precedente.

In questa evidente deformazione della realtà, ogni intervento a tutela della magistratura da ingiustificati attacchi e ogni magistrato sa di cosa parlo, sarà spacciato come difesa “corporativa” e “giustizialistica” appunto, mentre ogni richiamo all’osservanza delle norme processuali viene spesso interpretato da qualcuno come una concessione a chi la vuol fare franca. Se si ragionasse con pacatezza e con rispetto reciproco, se si contenessero le passioni e le si governassero con la ragione, ci si accorgerebbe che il primo termine, “Giustizialismo”, altro non è che la corruzione di “Giustizia” che non può non essere il fine dell’attività giudiziaria, a cui corrisponde, in ambito morale, la virtù cardinale della “Giustizia”, come moderatrice e regolatrice della volontà”, mentre il secondo termine, “Garantismo”, allude al percorso che si deve seguire per rendere giustizia e quindi alle garanzie per pervenire ad una decisione “giusta”.

Non c’è nessun contrasto, in un contesto ordinato, tra i due termini, come non c’è contrasto tra la meta di un viaggio in auto e le regole di circolazione stradale che si debbono rispettare per pervenire alla meta, appunto, sani e salvi e in tempi contenuti.

Giuliano Mignini, sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello di Perugia

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