Ruba un quintale di rame da una fonderia e lo nasconde nel prato: condannato
Furto e ricettazione di materiali per quasi 20mila euro di valore. La Cassazione conferma la ricostruzione dei giudici del Tribunale di Perugia
Ruba quasi un quintale di rame, viene arrestato, processato e condannato con rito abbreviato; ma a seguito di una parziale riforma in appello, l’imputato si è rivolto alla Cassazione chiedendo l’eliminazione delle aggravanti, sperando che così i fatti finissero in prescrizione.
L’uomo era accusato del furto di 96 chilogrammi di rame, per un valore di 19.200 euro e in primo grado è stato condannato seguito di giudizio abbreviato. In appello, invece, il reato è stato riqualificato come ricettazione di materiale “asportato dalle Fonderie Officine meccaniche Tacconi spa ed occultato nelle pertinenze di un casolare abbandonato situato nelle vicinanze dello stabilimento; ciò alla luce delle dichiarazioni rese nel giudizio di appello dall'imputato che ha ammesso di essere l'autore del furto, di essere entrato dalla parte posteriore dello stabilimento eludendo la sicurezza notturna e di aver depositato il materiale sottratto, nascondendolo tra l'erba a 50 metri dalla fabbrica, con l'intenzione di riprenderlo in seguito”.
Secondo il ricorso per Cassazione, la riqualificazione del reato avrebbe dovuto portare alla caduta “delle circostanze aggravanti, nel caso di specie la destrezza e l'orario notturno che non risultano descritti nell'originario capo di imputazione”. Per i giudici di Cassazione “per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali”, ma nel fatto in oggetto di ricorso vi è “una sostanziale immutazione del fatto, che, integro nei suoi elementi essenziali” e “non sussiste alcuna violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza, poiché nel capo di imputazione originario erano contestati gli elementi fondamentali, vale a dire data, luogo ed oggetto della refurtiva, idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, tanto che nel corso del giudizio di secondo grado l'imputato ha reso ampia confessione, ammettendo di essere entrato nella fabbrica di notte, eludendo la sicurezza notturna e di aver nascosto il materiale, rinvenuto nell'erba alta nei pressi di un casolare posto sul retro della fabbrica ove era custodito in un ambiente chiuso ed accessibile solo al personale autorizzato”.
Infondato anche il motivo riguardante la sussistenza dell'aggravante della destrezza. Il giudice ha motivato “adeguatamente sulla base della descrizione della condotta da parte dell'imputato e delle circostanze concrete desumibili dagli atti di indagine: i sacchetti di nichel del peso di 30 kg ciascuno si trovavano custoditi all'interno della fabbrica, dove venivano svolti turni di lavoro che coprivano l'intero arco delle 24 ore dal lunedi al venerdi, durante la notte era previsto un servizio di vigilanza. Correttamente la Corte territoriale ha qualificato il furto aggravato dalla destrezza in quanto l'imputato ha posto in essere, prima o durante l'impossessamento, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza, idonea a sorprendere e ad eludere la sorveglianza”.
Con il risultato finale del rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali.