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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Truffa dell’olio extra vergine d'oliva, imprenditore e azienda davanti al giudice

Secondo l’accusa avrebbero commercializzato olio non commestibile taroccando le etichette e falsificando i documenti

Olio non commestibile venduto come extra vergine, fissata l’udienza preliminare al 20 marzo per un imprenditore e un’azienda del settore oleario per frode in commercio e una serie di falsi documenti e attestazioni per superare i controlli doganali.

L’imprenditore, difeso dall’avvocato David Zaganelli, è accusato di avere “nell’esercizio della propria attività commerciale di vendita di olio extravergine di oliva” immesso in commercio, “consegnandola allo spedizioniere doganale … per l’invio all’acquirente ..., complessivi 7.822,64 chilogrammi di olio (lotto composto da 6.000 bottiglie da 1 litro e lotto composto da 254 bag box da litri 10)” indicando nella fattura un importo di 40.559,46 euro. Nella dichiarazione presentata all’ufficio delle Dogane risultava una spedizione di “olio extravergine di oliva vergine … pur non avendone i requisiti … essendo in realtà il prodotto olio di oliva vergine in luogo della qualità extravergine pattuita”.

L’accusa di falso riguarderebbe proprio i documenti commerciali e fiscali, come anche l’etichettatura, consegnati allo spedizioniere doganale e poi all’Agenzia delle dogane, “inducendo in errore i funzionari” dell’ufficio di Perugia.

L’olio taroccato sarebbe stato venduto ad importanti gruppi alimentari umbri, nazionali e internazionali.

Altra accusa è quella di aver immesso “in commercio una partita di 11mila chilogrammi di prodotto indicato olio extravergine di oliva, mentre in realtà era olio vergine.

Le contestazioni amministrative sono relative alle mancate verifiche e ai controlli incrociati che, in qualità di responsabile dell’azienda, avrebbe dovuto fare per garantire la qualità del prodotto.

Contestata anche la difformità tra il prodotto e le caratteristiche organolettiche riscontrate nelle analisi, nei registri e nelle fatture di vendita.

I fatti contestati sono avvenuti tra Perugia e Città di Castello tra il settembre e l’ottobre del 2018.

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