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Cronaca

Perugia, false cooperative e una mega frode fiscale: maxi sequestro, 6 indagati

Sequestro per oltre tre milioni di euro. Le indagini della Guardia di Finanza, dirette dalla Procura di Perugia, sono partite da una verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrate

Società 'apri e chiudi' per raggirare il fisco. Maxi frode fiscale, super sequestro a Perugia e sei indagati. La Guardia di Finanza ha dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo, per un valore pari ad oltre tre milioni di euro, nei confronti di imprenditori e società operanti nel settore della logistica e trasporto di merci su strada. Sei gli indagati, a vario titolo, per emissione di fatture per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture e documenti per operazioni inesistenti, indebita compensazione. 

Il Gip del Tribunale di Perugia  ha accolto la richiesta del Pubblico Ministero e ha diposto il sequestro preventivo, anche in forma equivalente, di denaro, beni mobili ed immobili, partecipazioni societarie, riconducibili direttamente ai soggetti indagati ed alle società interessate, per un importo complessivo di oltre tre milioni di euro, pari all’illecito profitto derivante dalla frode perpetrata negli anni dal 2017 al 2019.

Le indagini della Guardia di Finanza, dirette dalla Procura di Perugia, sono partite da una verifica fiscale dell’Agenzia delle Entrate di Perugia nei confronti di un consorzio di Perugia. 

Le indagini, spiega il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, "hanno consentito di svelare un sistema fraudolento in cui operatori commerciali, aventi sede nel capoluogo umbro ed in altri comuni limitrofi ed operanti in franchising con corrieri di rilevanza nazionale, appaltavano i servizi di logistica e trasporto di merci ad un consorzio, privo di maestranze, che, a sua volta, subappaltava l’esecuzione a società costituite con le forme giuridiche della società a responsabilità limitata semplificata o di cooperative, con vita media assai breve (due o tre anni, al massimo), con bassissimo livello di capitalizzazione e prive di una benché minima struttura aziendale, rappresentate formalmente da soggetti nullatenenti, completamente sconosciuti al Fisco ed estranei alle dinamiche di gestione, ma con numerosi lavoratori dipendenti (autisti, facchini, magazzinieri)".

Il procuratore, nella nota ufficiale, sottolinea che "si trattava di vere e proprie società cartiere “apri e chiudi”, utilizzate come “serbatoi” di manodopera e costituite al solo fine di contabilizzare acquisti inesistenti per decine di milioni di euro e maturare fittizi crediti Iba, utilizzati, poi, in compensazione, per il pagamento degli oneri contributivi dei dipendenti".

I contratti di appalto e subappalto stipulati "dissimulavano, in realtà, vere e proprie somministrazioni di manodopera (illegali) o rapporti di lavoro dipendente tra i lavoratori e i committenti umbri, destinatari finali delle prestazioni di servizio ed effettivi beneficiari del sistema, potendo avvalersi di manodopera a basso costo e, soprattutto, di una straordinaria flessibilità del lavoro. In aggiunta, l’utilizzo di contratti di appalto “non genuini” ha consentito la detrazione dell’Iva, sull’intero importo fatturato, altrimenti (in caso di somministrazione o di rapporto di lavoro subordinato) non spettante. Di conseguenza, emergendo dalle attività investigative sufficienti indizi per poter configurare l’esistenza di un rapporto diretto di organizzazione/direzione tra i committenti e i dipendenti, le fatture emesse sono state ritenute “giuridicamente inesistenti”, in quanto riferibili ad ipotesi di intermediazione illegale di manodopera e non, invece, a contratti di appalto/subappalto".

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