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Cronaca Città di Castello

Città di Castello, comprano auto dalla Germania evadendo l'Iva: scoperta maxi frode

La Guardia di Finanza ha scoperto una maxi frode a Città di Castello. Compravano auto dalla Germania senza versare l'Iva per oltre un milione di euro. Denunciata un'imprenditrice

Ammonta ad oltre 1 milione di euro l’IVA non versata, oltre all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per oltre 3 milioni di euro, la frode scoperta dalla finanza e che segna ancora un’importante operazione svolta dai finanzieri del Comando Provinciale contro l’evasione fiscale all’Iva comunitaria.

I finanzieri della Tenenza di Città di Castello dopo una complessa attività di indagine durata oltre un anno nei confronti di una impresa individuale operante nel settore della compravendita di autovetture d’importazione, condotta anche con l’ausilio delle indagini finanziarie, hanno così sottoposto a sequestro preventivo libretti bancari con saldo attivo di oltre 50mila euro e avanzato la proposta di sequestro preventivo di un appartamento e di quattro autovetture di media e grossa cilindrata.

All’atto del controllo l’imprenditrice non aveva esibito alcun documento contabile ai finanzieri i quali però, attraverso specifici controlli incrociati e con l’ausilio degli accertamenti bancari e delle banche dati in uso al Corpo sono riusciti a ricostruire il reale volume d’affari, realizzato attraverso un ingegnoso sistema di frode consistente nell’abbinamento, all’atto della vendita nel territorio nazionale delle auto importate dalla Germania, del telaio dell’autovettura da immatricolare a un versamento dell’IVA decisamente inferiore a quello effettivo e dovuto così eludendo i controlli telematici tra Agenzia Entrate e Motorizzazione Civile, strumenti introdotti nel 2007 proprio per contrastare le frodi all’IVA comunitaria.

Successivi approfondimenti anche a carattere patrimoniale del soggetto verificato, estesi anche ai componenti il proprio nucleo familiare, sono emerse situazioni di particolare interesse in capo al figlio dell’imprenditrice.

Lo stesso infatti è risultato destinatario di ingenti ed ingiustificate somme di denaro affluite sui propri libretti di deposito in modalità, peraltro preordinatamente gestiti in modalità apri e chiudi proprio per ostacolare la ricostruzione dei movimenti, senza che lo stesso denotasse alcuna capacità contributiva e in linea con l’attività illecita del genitore classificata agli effetti fiscale come evasore totale, non avendo presentato per tre anni le previste dichiarazioni, avendo emesso fatture per operazioni inesistenti e distrutto la documentazione contabile.

Per quel che concerne gli aspetti penalmente rilevanti, lo schema operativo così apprestato è risultato riconducibile all’insidioso sistema dell’interposizione personale fittizia per cui per l’imprenditrice, soggetto formalmente operante, il coniuge, qualificato quale amministratore di fatto dell’impresa, e il figlio  è così scattata la denuncia all’Autorità Giudiziaria per le ipotesi di reato previste dagli artt. 5, 8 e 10 del D.Lgs. 74/2000.




 

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