INVIATO SPECIALE La Fonte del Piscinello, e zone adiacenti, in mano ai balordi
Quel luogo è diventato uno scempio. Scritte di ogni genere sono vergate sui muri adiacenti, e in particolare sulla vecchia cabina dell'energia elettrica
Piscinello e dintorni in mano ai balordi. È un’antica fonte urbana, che porta peraltro una scritta di divieto “Immondezze qui non si gettino, né si lavi alcun drappo. Veglia la legge”. Per dire che i comportamenti dovevano essere adeguati alla tutela e al rispetto dei luoghi. Se i perugini del medioevo vedessero quello che oggi vi accade, si rivolterebbero nella tomba. Perché quel luogo è diventato uno scempio. Scritte di ogni genere sono vergate sui muri adiacenti, e in particolare sulla vecchia cabina dell’energia elettrica.
Quel manufatto in laterizi è tutto sbucherellato. “Porta i segni del lavoro di scavo effettuato dagli spacciatori per nascondervi la roba”, dicono dei residenti di prossimità. L’accesso all’antico cunicolo attraverso la porta in pietra è stato finalmente serrato, dato che il perno inferiore era stato forzato e i malandrini vi entravano per nascondere certa roba. Ora è chiuso, ma accedono al cunicolo da un’altra parte.
“Entrano dal nostro giardino”, affermano gli eredi (Francesco e Filippo) del grande architetto perugino Bruno Signorini che hanno una proprietà adiacente alla Fonte. Ne parlano col cronista in modo cordiale e disincantato, ma inequivocabile, in presenza di un amico geologo. Aggiungono: “La notte, indisturbati, i malviventi si piazzano comodamente con un tavolino e sedie a preparare la loro roba. Tanto non vengono infastiditi da nessuno e c’è una discreta illuminazione”. L’esito di quei “lavoretti” si vede, pare, da certi residui inequivocabili.
Questo luogo è caro anche alla sorella, l’architetto Giovanna la quale, tempo fa, ci raccontò di essere particolarmente affezionata alla fonte, di proprietà comunale, ma legata alla sua famiglia. Furono suo nonno materno – il grande architetto perugino Giuseppe Frenguelli – e suo padre Bruno a piazzare le due vasche e a murare i due “docci” (“ductus”) dai quali sgorga copiosa l’acqua in ogni stagione. “Le recuperarono – dice – da non so dove, e le piazzarono sul posto, ma l’accostamento risulta efficace, pur non trattandosi di materiali coevi”.
Ma prosegue il racconto di Francesco e Filippo: “I malandrini, già che ci sono, rubacchiano quello che c’è nell’orto: fanno incetta di ciliegie, di pomodori e quanto a loro serve”. Insomma: “fanno spesa”, rifornendosi di frutta e verdure. Ma non è il caso di piazzare una telecamera? “Ci stiamo pensando e ne abbiamo parlato Probabilmente lo faremo!”.
Verosimilmente, sarebbe utile tenere d’occhio la zona. Se poi si decidesse di farlo – da parte pubblica – con un occhio elettronico, il controllo sarebbe più costante ed efficace. Ma lasciare all’incuria uno dei luoghi antichi più belli della città appare veramente sbagliato.