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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Festival Giornalismo, il gioco politico: più voti da piccoli eventi che da uno internazionale...

Nel giorno della conferenza stampa degli assessori Bracco e Cernicchi, in risposta alle parole di lunedì della Ciccone sulla chiusura del Festival del giornalismo, abbiamo deciso di fare una piccola riflessione prima delle ultime decisioni della politica

Siamo alla resa dei conti. Questa mattina in una sorta di mezzogiorno di fuoco sarà l'ora della risposta della politica all'incontro pubblico, tenutosi al Brufani qualche giorno fa, dai fondatori del Festival del Giornalismo, disertato dagli stessi amministratori umbri. Prima di ascoltare la versione della 'politica', questi due giorni sono serviti per tante riflessioni, migliaia di post sono stati scritti in favore del festival, qualcuno con la Ciccone, qualcun altro contro. C'è chi ha offerto la propria città per sostituire Perugia, chi invece attacca la politica locale di miopia. In pochi giorni molti si sono fatti un'opinione ma pochi sanno come veramente andrà finire questa storia, tanto che a questo punto sembra difficile vedere Perugia ancora come il salotto dei media per una decina di giorni.

Ma Perugia non può permettersi di perdere un evento di questo tipo per diverse ragioni e sarebbe un ennesimo colpo ad una città ormai in evidente declino. E anche se la politica continua a sottovalutare l'importanza e l'onda positiva per il territorio che crea il festival del giornalismo, sono tre i motivi che fanno dell'evento una cosa diversa da tutti i grandi eventi che si svolgono in città.

Molti politici hanno voluto dire la loro, il Sindaco Boccali, elogiato dalla Ciccone lunedì, non ha risparmiato un attacco diretto agli organizzatori, sottolineando come la città di Perugia possa fare a meno di alcuni grandi eventi e che esiste un buon tessuto di cultura 'diffusa', e che si farebbe a meno anche di qualche "spocchiosa lezione".

Ma il sindaco non è il solo a contrattaccare le ragioni di Arianna e Chris, ci sono sia l'assessore Bracco che l'assessore Cernicchi ad alimentare le polemiche. L'assessore comunale dal suo profilo facebook ha sollevato un gran polverone descrivendo tutto quello che esprime il territorio, tra eventi, teatro, concerti e come le autorità comunali siano riuscite a garantire un cospicuo finanziamento per il Festival Internazionale del Giornalismo per il 2014 per una cifra tra i 100.000 e i 140.000 € dalla Regione; dal comune 30-40.000;e dalla Camera di Commercio che ha confermato un impegno da definire.

Sembra solo una questione di numeri e di fondi allora, la Ciccone chiede una cifra che il pubblico non vuole o non può dare e stop, ed ecco la sensazione che tutto si fermi qui. Ma non è proprio così, perché le ragioni del Festival del Giornalismo sono assai diverse da qualsiasi altro tipo di grande evento si tiene a Perugia, sono sostanziali da un punto di vista politico, sociale ed economico.

Da un punto di vista politico la cosa è semplice e il motivo lo si trova nelle parole scritte da Matteo Grandi in un articolo, direttore di Piacere Magazine mensile free-press molto diffuso in Umbria, dove viene spiegato come dopo l'annuncio di non accettare contributi pubblici, i fondatori "non vogliono sentirsi ricattabili da un sistema che sotto sotto gli stava già dichiarando guerra. Gli organizzatori respingono così le logiche di un subdolo meccanismo clientelare per cui i soldi pubblici più che per finanziare, servono spesso per comprare il consenso. Se non addirittura il silenzio. Ora il Festival è atteso alla sfida più affascinante: dopo aver schiacciato la prepotenza con l’arguzia, deve trovare il modo per mantenersi da solo". Questo motivo politico è alla base della frattura visto che nel corso delle sette edizioni nessun politico locale e non è riuscito a mettere il cappello sul festival.

Da un punto di vista economico la cosa è tangibile nei dati. Ieri il sindaco Boccali ha parlato del Festival aggirando il problema e facendo un elenco di quello che Perugia già propone. Come il grande successo del 'Teatro Stabile dell'Umbria' con i suoi 3000 abbonati che coprono parte del budget della stagione, foraggiato dalla regione Umbria con 800mila euro. Poi c'è il fiore all'occhiello della città, Umbria Jazz, evento mondiale che non può essere paragonato all'Ijf ma che incassa dalla regione 650mila euro. Tutti questi eventi però hanno in comune la loro finalità commerciale. La vendita dei biglietti e di tutto ciò che può far incassare il festival.  La scorsa estate per il quarantennale UJ ha incassato più di un milione di euro per i biglietti dei concerti e i 3000 abbonati del Teatro Stabile valgono 350mila euro.

Ecco, tutto questo non esiste per il festival del giornalismo, l'Ijf è completamente 'free', tutto è ad accesso libero e si possono ascoltare personaggi di ogni tipo nella galassia dei media senza dover staccare neanche un biglietto. E' proprio qui che sta la sostanziale differenza, economico-sociale, del'Ijf con il resto del panorama eventi. Senza considerare il rapporto già descritto di ritorno d'investimento per il territroio, nella 'creatura' di Arianna e Chris non c'è niente di commerciale, il fine è dettato dalle idee e non dagli incassi. L'unica merce sono le parole, né ticket, né chioschi, ma solo giovani volontari e personaggi più o meno famosi che provocano file lunghissime fuori dalle sale, un fiore all'occhiello che però la politica fatica a considerare.

La questione è profonda, socialmente rilevante, semplicemente perché in quei giorni Perugia diventa l'ombelico del mondo dei media, e non è solo un modo di dire ma un dato di fatto: una vera capitale delle comunicazioni, da cui passa tutto il flusso mediatico, dove la città del grifone diventa tendenza mondiale su Twitter, dove si aprono e si affrontano dibattiti d'interesse globale.

Il festival molto probabilmente andrà via dal capoluogo umbro, perché la distanza tra la politica e i fondatori sembra oramai incolmabile, dilatata anche da un mero orgoglio personale. E allora cosa resta alla città, oltre al ricordo di sette stupende edizioni? Resta solo una ferita che difficilmente si rimarginerà, resta il vuoto di quei giorni di primavera dove l'illusione del libero pensiero e della libertà d'espressione sembravano concretizzarsi, per qualche giorno, all'ombra della Rocca.

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