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Cronaca

Pulizie negli alberghi di lusso, maxi operazione anti evasione fiscale della Guardia di finanza. Perquisizioni a Perugia

Sequestro da 20 milioni di euro per una società milanese con ramificazioni in tutta Italia. L'accusa: Iva non versata e mancato pagamento dei contributi dei dipendenti

Un sistema di scatole vuote costituito da cooperative che si scambiavano appalti per la pulizia negli laberghi, dimenticando di versare Iva e contributi ai dipendenti. Perquisizioni nel Perugino.

I finanzieri del comando provinciale di Milano hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dalla procura meneghina nei confronti di alcune società attive nel settore delle pulizie presso importanti catene alberghiere presenti in tutta Italia. Al centro dell'inchiesta il gruppo Cegalin. Sono anche in fase di esecuzione, nelle provincie di Milano, Roma, Vicenza, Padova, Perugia, Como, Genova, Fermo, Firenze, Brescia e Sondrio, numerose perquisizioni nei confronti delle persone fisiche e giuridiche coinvolte nella complessa frode fiscale accertata, caratterizzata dall’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti da parte delle società fornitrici di servizi alle strutture alberghiere e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera, effettuata in violazione delle normative di settore.

I sigilli sono scattati - ha fatto sapere la Gdf in una nota - "per un controvalore di oltre 20 milioni di euro", mentre ai dirigenti delle società sono stati consegnati gli avvisi di garanzia. 

L'operazione, ribattezzata “Dirty Cleanings”, ha permesso ai finanzieri - aiutati dagli ispettori dell'agenzia delle Entrate - di svelare una "complessa frode fiscale accertata, caratterizzata dall’utilizzo di fatture inesistenti da parte delle società fornitrici di servizi alle strutture alberghiere e dalla stipula di fittizi contratti di appalto". 

Ricostruendo la "filiera della manodopera”, hanno spiegato i finanzieri, è stato accertato che "i rapporti di lavoro con le 'catene alberghiere', committenti, venivano schermati da diverse 'società filtro', riconducibili al medesimo imprenditore, che si avvalevano di cooperative, 'società serbatoio' succedutesi nel tempo, trasferendo la manodopera dall’una all’altra, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e degli oneri di natura previdenziale, attraverso l’utilizzo anche di indebite compensazioni".

In sostanza, gli accordi con gli alberghi venivano formalmente stretti con società di "facciata" - ma sempre riconducibili agli indagati - che poi a loro volte utilizzavano le cooperative per fornire i lavoratori. In questi passaggi, secondo gli accertamenti della Gdf, non venivano pagati l'Iva né i contributi.

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