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Cronaca Gubbio

Gubbio, esplosione nel laboratorio di cannabis light: cinque persone rinviate a giudizio

Due le persone deceduto, un giovane di 18 anni e una donna di 52, e due feriti con gravi menomazioni e invalidità permanenti

Cinque persone sono state rinviate a giudizio per l'esplosione e l’incendio nell’azienda che produceva cannabis light a Gubbio il 7 maggio del 2021 in cui hanno perso la vita due persone, un ragazzo di 18 anni e una donna di 52 e altre due sono rimaste ferite con gravi invalidità permanenti.

Il giudice per l’udienza preliminare di Perugia ha accolto la richiesta della Procura della Repubblica che ha ipotizzato i reati di omicidio doloso con dolo eventuale, omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, incendio doloso e violazione della legge sugli stupefacenti con detenzione illecita della cannabis e cessione, in quanto il prodotto non sarebbe da considerarsi come cannabis light. Nel laboratorio veniva trattata la cannabis con una procedura irregolare secondo l’accusa, per abbassare il quantitativo di principio attivo e consentirne la libera commercializzazione. Il “lavaggio” della cannabis avveniva con sostanze infiammabili secondo una procedura, per l'accusa, di fatto inventa e non standardizzata. Irregolari, sempre per l'accusa, le misure di prevenzione di incidenti.

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luca Maori, Monica Bisio, Gervasio Paolo Cicoria e Donato Bugno. I familiari del giovane Samuel Cuffaro, morto nell’esplosione, si sono affidati all’avvocato Ubaldo Minelli.

Nell'incendio sono morti due dipendenti e altri due, uno dei quali all'epoca minorenne, dopo essere stati ricoverati in terapia intensiva, hanno riportato gravi lesioni, in un caso anche l'amputazione dell'arto inferiore.

Gli approfondimenti tecnici, effettuati successivamente da personale qualificato dei Vigili del fuoco e dal consulente tecnico del sostituto procuratore, unitamente al personale dell'Asl e dell'Arpa hanno confermato la dinamica del tragico evento, come riconducibile all'incendio alle sostanze infiammabili presenti all'interno dei locali - pari ad almeno otto barili da 200 litri e qualche decina di contenitori da circa 5 litri - tutti contenenti pentano, che liberava vapori negli ambienti di stoccaggio e lavorazione, privi di condizioni di sicurezza.

Il pentano era stoccato al piano terra dell'immobile, in particolare, non rispettava le condizioni previste dalla normativa antincendio e non era stato installato alcuno strumento o macchinario che potesse evitare i rischi nell'utilizzo del solvente durante la fase della lavorazione.

Secondo la Procura la lavorazione era pericolosa perché prevedeva che un solvente infiammabile venisse immesso in lavatrici ad ultrasuoni, che si surriscaldavano rapidamente ingenerando un enorme pericolo di incendio e di esalazione di vapori pericolosi.

Dai primi accertamenti si era ipotizzato che l'incendio potesse essersi verificato in conseguenza della tecnica di abbattimento della percentuale del THC della cannabis "inventata" da uno dei soci della società, privo di qualsiasi competenza tecnica e scientifica cd utilizzato al di fuori di ogni autorizzazione. È risultato, in seguito, che dal mese di marzo del 2021 era stato allestito un vero e proprio laboratorio al primo piano dell'immobile, dove erano state collocate "lavatrici" ad ultrasuoni all'interno delle quali venivano introdotte le infiorescenze di canapa, unitamente ad un solvente altamente infiammabile come il "pentano".

Con il "lavaggio", in particolare, una parte del THC della cannabis veniva degradato e altra parte assorbita dal solvente, in modo il livello di quest'ultimo risultasse al di sotto dello 0,6% e potesse essere qualificata come light.

Nel laboratorio di Canne Greche di Gubbio, quelle lavatrici a ultrasuoni si sarebbero surriscaldate, innescando l'esplosione della sostanza infiammabile come il pentano.

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