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Cronaca

Errore nella lettura del referto diagnostico, la procura contabile chiede la restituzione di 200mila euro

Per i giudici della Corte dei conti ci si trova davanti ad una lunga catena di ipotesi mediche e cure sbagliate

Medico non legge bene il referto diagnostico e viene citato dalla Corte dei conti per un danno di 210mila euro. Cioè quanto ha dovuto pagare l’assicurazione per il danno al paziente.

Il medico, difeso dall’avvocato Massimo Zaganelli è stato citato dalla Procura regionale della Corte dei conti “per sentirlo condannare al pagamento di 210.000 euro in favore dell’Azienda sanitaria locale Umbria 1”. Secondo l’accusa sarebbe l’equivalente della “restituzione dell’importo versato all’assicurazione ... a titolo di rimborso di sinistro in franchigia verificatosi in relazione ad un paziente che aveva riportato danni in seguito ad un erroneo referto effettuato dal convenuto”. Il risarcimento era dovuto per “perdita di chance di guarigione, compromessa dalla omessa adozione tempestiva delle terapie adeguate a causa dell’errore dei sanitari”.

Da quanto appurato dalla Procura regionale il dottore avrebbe commesso un “errore diagnostico, imputabile all’imprudenza nel classificare su base anamnestica il reperto dubbio di RMN come espressione metastatica della neoplasia della laringe: il comportamento imprudente, in particolare, sarebbe addebitabile al medico risonanzista refertatore ... il quale, a fronte di un quadro incerto, risolveva l’ambiguità non con un fatto tecnico, bensì con rinvio all’anamnesi, sostenendo la sussistenza di una lesione ripetitiva”.

Il medico ha prodotto delle consulenze, in parte già prodotto dalla compagnia assicurativa, nelle quali si evidenzia che c’era stata “un’imprudenza del neuroradiologo nel refertare una dubbia RMN come probabile espressione di una metastasi da pregresso K alla laringe”. Non solo: “i sanitari che ebbero in cura il ..., i quali, a fronte di una consulenza oncologica di improbabile lesione di natura metastatica, non presero in considerazione eventuali diagnosi differenziali, come l’ascesso cerebrale che, se correttamente trattato con terapia antibiotica, avrebbe risolto la situazione in maniera decisamente meno invasiva”.

Un caso difficile e nel quale quasi tutti i medici intervenuti hanno commesso errori o negligenze, sia all’ospedale di Città di Castello sia a Perugia. Tanto più che per prassi, “i medici del servizio di radiologia che avevano eseguito l’esame, ricevevano la registrazione della refertazione dettata dai consulenti di neuroradiologia e il referto dell’esame trascritto dal personale amministrativo, controllavano la corrispondenza del referto alla registrazione e l’assenza di errori di trascrizione e/o di grossolani errori di refertazione (scambio di paziente, errore di lato, ecc.) e quindi sottoscrivevano il referto e lo vidimavano elettronicamente”. E il referto in questione non sarebbe attribuibile al medico a giudizio.

I giudici contabili nell’analizzare il caso hanno ritenuto che non fosse provata la colpa grave del medico e che l’errore medico che ha portato al danno, non sia altro che una concatenazione di errori in un caso complesso in cui sono state sbagliate analisi, esami, lettura dei referti e non sono state prese in considerazione cure alternative.

Da qui l’impossibilità di addossare ad un solo medico la lunga catena di errori e, quindi, il proscioglimento.

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