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Cronaca

La "qualità" della droga spacciata non influisce sulla condanna, ma senza il denaro in tasca ci sono le attenuanti

Sentenza della Cassazione: "Se spaccia è droga". Non essendo stato trovato in possesso di denaro, però, non è provato il "lucro perseguito"

Lo spacciatore cede la dose, al giudice non serve conoscere la qualità drogante della sostanza per pronunciare una condanna.

La Cassazione ha respinto il ricorso di uno straniero, condannato a 1 anno e 1.500 euro di multa, per “avere illecitamente detenuto sostanza stupefacente del tipo marijuana per un peso complessivo di 8,70 grammi lordi, suddivisa in quattro involucri, e di avere ceduto almeno una dose ad un acquirente non identificato”.

La difesa aveva chiesto la riforma della sentenza per un “vizio di motivazione con riferimento alla supposta condotta di cessione e detenzione di sostanza stupefacente pur in assenza di informazioni istruttorie circa la quantità di principio attivo presente negli involucri caduti in sequestro, necessaria per conoscere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la capacità drogante della sostanza”.

Per la Cassazione “la capacità drogante della sostanza stupefacente” può “essere tratta da fonti di prova diverse dall'analisi chimica qualitativa e da argomentazioni logiche”. Secondo la corte, il giudice non è “tenuto a procedere a perizia o ad accertamento tecnico per stabilire la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza drogante ai fini di ritenere integrata la fattispecie di reato” di spaccio, “ben potendo attingere tale conoscenza anche da altre fonti di prova acquisite agli atti”.

Nel caso preso in esame “la sostanza caduta in sequestro, infatti, sottoposta a narcotest, è risultata essere marijuana; quanto alla capacità drogante, i giudici di merito hanno ritenuto che la sostanza possedesse tale qualità, essendo stato colto il ricorrente nell'atto di cedere una dose ad un acquirente”.

Per i giudici il fatto stesso di vendere della droga “rende palese la circostanza della sua capacità drogante”.

Accolta la richiesta di concessione delle attenuanti, in quanto l’imputato è stato trovato in possesso della droga, ma non di denaro, quindi non non ci sarebbe “lucro perseguito o conseguito dall'autore del reato”, rinviando per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Perugia.

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