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Cronaca

"I soldi sono di un'auto venduta", ma il giudice non gli crede: somma sequestrata e condannato per spaccio

L'imputato non ha dimostrato che la somma confiscata provenisse da interessi leciti

Spacciatore condannato, chiede la restituzione dei soldi confiscati: “Erano frutto della vendita dell’auto”. La Cassazione respinge il ricorso perché non ci sono documenti che provino le dichiarazioni.

Un albanese di 40 anni è stato condannato a 3 anni di reclusione e 14.000 euro di multa “per aver ceduto in più occasioni sostanza stupefacente del tipo cocaina, in singole dosi di circa un grammo, a diversi soggetti, nel periodo agosto-settembre del 2021”. All’uomo è stata confiscata anche la somma di 6.300, ritenuta frutto dello spaccio.

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione contestando “l'erronea qualificazione del fatto”, cioè lo spaccio, affermando che si tratta di “plurimi episodi di cessione dello stupefacente alla fattispecie di lieve entità”, senza essere inserito in una rete più ampia di spacciatori e trafficanti.

Contestata anche la confisca d”ella somma di denaro sequestrata all'imputato, non essendo emerso un nesso di pertinenzialità inequivocabile tra il denaro ed il reato contestato”. Anzi, per l’imputato sarebbe “assolutamente compatibile con le lecite fonti di reddito”, come dimostrerebbero i documenti dell’attività lavorativa subordinata e la gestione di un'attività di esportazione di veicoli usati.

Quei soldi, tra l’altro, verrebbero proprio “dalla vendita di una autovettura da parte dell'imputato, quale acconto sul prezzo versato dall'acquirente”.

I giudici di Cassazione hanno respinto il ricorso sul fronte dello spaccio, ritenuto di non lieve entità, e per il denaro visto che è accertata “la non corrispondenza di tale documentazione, peraltro difficilmente comprensibile perché in lingua albanese, con il corrispettivo pattuito”.

Quindi condanna confermata, cui si aggiunge anche il pagamento di 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.

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