Preso con la droga nello zaino e condannato: sentenza annullata perché mai notificati gli atti all'imputato
Dopo l'udienza di convalida l'uomo era sparito, ma secondo la Cassazione non basta comunicare le udienze al difensore d'ufficio
Da Lampedusa a Roma e poi a Perugia con uno zaino pieno di droga, ma viene fermato in autobus dai Carabinieri, arrestato, processato e condannato. In Corte d’appello, però, il processo viene dichiarato nullo con rinvio degli atti in Procura perché subito dopo l’udienza di convalida l’imputato aveva fatto perdere le proprie tracce e, pur dichiarato irreperibile, non aveva mai saputo del processo.
L’uomo, un nigeriano trentenne, difeso dall’avvocato Leonardo Romoli, era stato trovato a bordo dell’autobus che fa la spola tra Roma e Perugia, seduto, con uno zaino con 1 chilo e 100 grammi di droga. Era stato arrestato e portato in tribunale per l’udienza di convalida. Il giudice aveva convalidato l’arresto, ma rimesso in libertà l’uomo, imponendo il divieto di dimora in Umbria e l’obbligo di firma presso la stazione dei Carabinieri di L’Aquila, visto che lo straniero era residente in un centro di accoglienza.
Da quel momento, però, l’uomo aveva fatto perdere le proprie tracce, senza raggiungere mai il centro di accoglienza. Il processo, invece, era andato avanti in quanto l’arrestato aveva eletto domicilio presso il legale. Con tanto di condanna a due anni di reclusione.
In Corte di appello, però, ha prevalso il più recente orientamento normativo sul processo contumaciale e di validità delle notifiche al difensore d’ufficio. “Senza l’effettuazione degli opportuni accertamenti e delle doverose ricerche – afferma l’avvocato Leonardo Romoli - trattandosi di soggetto che di fatto si era anche sottratto all’applicazione di una misura cautelare, ancorchè non custodiale, tutte le notifiche, comprese quelle all’imputato, ed in particolare quella del decreto di citazione a giudizio immediato sono state effettuate presso il sottoscritto quale domiciliatario di soggetto non reperibile. Ho eccepito in via preliminare ed assorbente in rito la nullità assoluta della sentenza e dell’intero giudizio di primo grado per mancanza delle condizioni per la valida celebrazione del processo in absentia essendovi un chiaro e ragionevole dubbio che l'imputato, alle condizioni date, avesse conoscenza della vocatio in ius”.
In questo caso, quindi, o il soggetto è stato cercato e si sottrae volontariamente e coscientemente al giudizio ed allora si può procedere al giudizio; oppure se ciò non accade il procedimento deve essere sospeso, potendo proseguire soltanto a date e oggi più stringenti condizioni.
La Corte di appello di Perugia ha ritenuto “che l’imputato non avesse ben capito il concetto, prettamente tecnico e giuridico di elezione di domicilio” e che “vista la sua provenienza e le condizioni economico-sociali, non avesse consapevolezza che contro di lui si sarebbe proceduto essendo stato rimesso immediatamente in libertà; l’unica cosa percepita da tutti fu la sorpresa dell’imputato contento di essere rimesso in libertà e soprattutto verosimilmente convinto che la questione lì si fosse definita”.
Ne consegue la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado con trasmissione degli atti al tribunale per un nuovo processo.