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Cronaca

La Perugia "della droga", ecco la verità su spaccio e infiltrazioni mafiose

L'associazione Libera ha pubblicato un dossier dal titolo "La droga in Umbria". Ecco alcuni estratti che spiegano il fenomeno della spaccio a Perugia

Da molti è stata dipinta come la “Scampia” del centro Italia. Ed è’ così che sulle maggiori testate nazionali da “La Repubblica” al “Il Fatto Quotidiano”, fino ad approdare nelle trasmissioni televisive come “La7” e “Porta a Porta”, Perugia è apparsa la città “del tutto è possibile”. Droga smerciata alla luce del sole e il mondo dello spaccio che tesse la sua tela, conquistando giorno dopo giorno, nuove zone.

La droga è un sistema economico, un mercato a tutti gli effetti. C’è chi la definisce come una vera e propria filiera, con i suoi produttori, i suoi vertici e precisi operai specializzati. Nella relazione annuale della Direzione nazionale antimafia (Dna) si legge: “È [...] evidente l’elevata appetibilità che le aree del centro nord d’Italia, caratterizzate da contesti ricchi e sedi di importanti crocevia per lo spaccio delle sostanze stupefacenti (emblematico è, a tale proposito, il caso di Perugia)”. La stessa Perugia martoriata più volte dalla cronaca locale.

Ma è l’associazione Libera a voler questa volta dare risposte concrete con un dossier dal nome "La droga in Umbria". Ed è in queste pagine che si scopre che “le attività criminali non si radicano in un determinato luogo se questo stesso luogo, al di là degli aspetti economici e geografici che lo rendono interessante agli occhi dei gruppi dediti all’azione illecita, non presenta punti deboli. In altre parole: quanto più è sfilacciato, tanto più risulta penetrabile.  L’evoluzione socio-urbanistica di Perugia ha permesso, dicono diversi osservatori, l’incremento dei traffici di droga. Il processo di svuotamento demografico e commerciale del centro storico ha lasciato libertà di manovra agli spacciatori”. Altro tallone d’Achille, secondo Libera, sarebbero gli affitti in nero, che possono favorire l’insediamento di chi si sposta nel capoluogo con l’intento di darsi allo spaccio. La cronista Vanna Ugolini, in forza a Il Messaggero, sostiene da anni questa tesi. «A Perugia c’è un’economia grigia che vede il suo snodo negli affitti non registrati. C’è una collusione più o meno consapevole, la società civile ha chiuso gli occhi»
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Si punta il dito anche contro gli stranieri, ma l’analisi fatta porta lontano dalla percezione che i cittadini hanno: “Ci sono decine e decine di inchieste, d’altronde, che evidenziano il ruolo decisivo ricoperto dai gruppi criminali non italiani sul fronte dei traffici e dello spaccio di eroina e cocaina in Umbria. Tunisini, nigeriani e albanesi, in particolare, si contendono la scena. E sono soprattutto i primi a suscitare allarme sociale, specialmente a Perugia. La città ha riscontrato ultimamente afflussi massicci di immigrazione dal paese nordafricano e molti, tra coloro che sono arrivati, sono andati a gonfiare le fila dello spaccio aggiungendosi ai connazionali già presenti nel comparto. Eppure il ruolo dei tunisini non è preponderante, nel sistema della droga. Le quantità di stupefacente da loro spacciate sono nella stragrande maggioranza dei casi contenute e la loro attivit è equiparabile al commercio al dettaglio di dimensioni minute, volendo assumere l’economia reale come pietra di paragone”.

Una piccola regione che suo malgrado deve fare i conti anche con le infiltrazioni mafiose. Rovistando tra le cronache locali e tra le carte giudiziarie è facile imbattersi in storie e vicende che chiamano in causa, in qualche modo anche più direttamente, camorra, ‘ndrangheta e (misura minore) Cosa Nostra. Consorterie che poi, a prescindere dal coinvolgimento nel traffico di droga, hanno sicuramente manifestato interessi a livello di riciclaggio di capitali sporchi.

Questo solo un assaggio del dossier raccolto da Libera e che presto verrà pubblicato con prefazione di Luigi Ciotti e nato su input e in collaborazione con la Regione Umbria. Nel lavoro saranno presente molto altro: dai contributi sulle strategie e sulla rete dei servizi per le dipendenze a cura di esperti e addetti ai lavori, alle analisi sociologiche, con l’importante contributo dell’Università degli Studi di Perugia,  sino  alla lettura critica della legislazione vigente in materia di droga, a cura di Leopoldo Grosso (vicepresidente del Gruppo Abele).

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