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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Domenica delle Palme, il Cardinale ai fedeli: "Dio non è morto: lui vive in noi"

Con la benedizione dei ramoscelli d'ulivo, la processione e la celebrazione eucaristica in cattedrale, si è ricordato l'ingresso di Gesù in Gerusalemme

A Perugia, Domenica delle Palme (20 marzo), con la benedizione dei ramoscelli d’ulivo, la processione e la celebrazione eucaristica in cattedrale, si è ricordato l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, entrando nei riti della Settimana Santa. «Anche se fossimo presi da mille preoccupazioni e occupazioni, è doveroso lasciarci coinvolgere dai drammatici fatti che segnano gli ultimi giorni del Figlio di Dio, come abbiamo ascoltato dalla Passione di Luca». Così ha esordito, nell’omelia, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti in una gremita cattedrale di San Lorenzo. «Sono giorni che dimostrano fino a che punto Gesù ci ha amati – ha proseguito il porporato –. Lo aveva capito benissimo il buon ladrone sull’alto della croce quando gli disse: “Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”». 

Il cardinale ha richiamato l’attenzione dei fedeli sui «due fatti centrali» della liturgia della Domenica delle Palme. «Il primo è l’ingresso di Gesù in Gerusalemme; il secondo è il racconto della sua Passione e Morte. Come dice un antico padre della Chiesa, Andrea di Creta, è importante che noi abbiamo portato le palme, che noi abbiamo inneggiato al Signore, però, come dice questo padre della Chiesa, “stendiamo umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati o le verdi fronde che rallegrano gli occhi”. Questo è uno spettacolo che dura soltanto poche ore. Se invece noi stendiamo noi stessi rivestiti della Sua grazia, o meglio rivestiti di Lui, allora vuol dire che noi riviviamo il nostro battesimo nel quale per la prima volta ci rivestimmo di Cristo». 

La moda si è impossessata della croce riducendola ad un semplice oggetto decorativo.           
«L’ingresso di Gesù in Gerusalemme e il racconto della sua Passione – ha sottolineato l’arcivescovo – pongono innanzi ai nostri occhi la croce di Gesù, quella croce che spesso noi consideriamo un fallimento, ma se Dio l’ha presa sulle sue spalle, vuol dire che Dio non può fallire. Eppure, se riflettiamo seriamente, ci rendiamo conto che al centro della nostra esperienza cristiana c’è proprio la croce. Non occorre dimostrarlo, perché è la logica di Dio, quella di un Dio povero che soffre e muore per dare vita e speranza agli uomini. Oggi, purtroppo, la moda si è impossessata perfino della croce e l’ha ridotta ad un semplice oggetto decorativo. Nei tempi passati poteva sembrare questo una bestemmia. Per molti la croce è diventata addirittura un incubo da rimuovere a tutti i costi. A quanta gente sentiamo dire: “viviamo e godiamo quei tre giorni di vita che abbiamo e di cosa stiamo a preoccuparci?”. Ma per chi crede, per chi ama Gesù, la croce è un mistero di liberazione e di amore. Certo, la croce ci porta e ci sostiene ma a una condizione, quella che anche noi la vogliamo abbracciare come ha fatto Gesù. Se la scartiamo continuamente, è chiaro che poi andremo per la nostra strada». Il cardinale ha anche detto: «Dove c’è la croce la risurrezione è vicina. E’ per questo, fratelli e sorelle, che noi non dobbiamo aver paura se il Signore ci fa assaggiare di tanto in tanto la sua croce, vuol dire che anche la sua risurrezione e vicina. Noi dobbiamo meditare su questo fatto molto più spesso e non soltanto in questi giorni, perché l’adorabile croce di Gesù racchiude tutto il dolore e tutto l’amore dell’uomo e di Dio. In questo senso l’uomo e Dio, proprio su questo loro rapporto, che è la croce, diventano inscindibili l’uno dal’altro».
 
Il martirio per la conversione del mondo.         
«Siamo in un tempo di martirio ed io sono certo che Dio permette tutto questo per la conversione del mondo. Nel pregare spesso per coloro che sono perseguitati perché hanno il coraggio di testimoniare fino in fondo il nome di Cristo, dico a me stesso e lo dico a voi, vedendo oggi tutti questi martiri, quindi tutte queste croci, vedo un atto di fede profondo che vuol dire che la risurrezione è vicina. E il Signore ci vuole riservare dei tempi nuovi costruiti nelle lacrime e nella sofferenza di tanti fratelli che stanno dinanzi ai nostri occhi, ma più grande è il dolore dell’uomo e del mondo, che è creato da Dio, più vicina vuol dire che è la risurrezione».
 
Dopo il Venerdì Santo c’è sempre una Pasqua di risurrezione.
«Quando nella nostra vita il dolore sembra insopportabile, cerchiamo di avere il coraggio di appoggiarci alla croce – ha detto il cardinale –. Quando ci accorgiamo che la nostra fede comincia a vacillare, guardiamo il crocifisso, guardiamo la croce, perché fra le sue braccia si trova Cristo! E se dovesse accaderci di pensare che nella nostra vita non ci sia più nulla da fare, ricordiamoci della Settimana Santa, perché dopo il Venerdì Santo c’è sempre una Pasqua di risurrezione».
 
Dio non è morto: è Lui che conduce la storia nostra e del mondo.
«Dio non è morto», ha detto il cardinale nel ricordare quanto hanno testimoniato con la loro numerosa presenza i giovani dell’Archidiocesi, nella cattedrale giovedì scorso, durante la loro veglia di preghiera in preparazione alla Pasqua. «Hanno riempito la nostra cattedrale – ha commentato il presule – il cui pavimento era diventato tutto un “tappeto” di giovani. Echeggiavano queste parole: “Può sembrare che Dio sia morto e che sia lontano dal mondo, ma Dio non è morto, Dio è risorto e vive in noi ed è Lui che conduce la storia nostra e del mondo e noi siamo costantemente nelle sue mani»
 
La Porta Santa è la ferita del corpo di Cristo da cui passa la grazia e la salvezza.
Al termine della celebrazione in San Lorenzo, il cardinale Bassetti ha ricordato che «questa Settimana Santa è il “cuore” di tutto l’Anno liturgico, perché ci ripresenta ed attualizza il mistero pasquale, cioè la Passione, la Morte e la Risurrezione del Signore. E’ una Settimana che va vissuta con intensità, con preghiera e con raccoglimento. Quest’anno siamo favoriti anche dal Giubileo della Misericordia ed attingiamo con abbondanza questa Misericordia dal cuore di Cristo».

«Abbiamo la bellissima Porta Santa della nostra cattedrale, aperta tutto il giorno. La Porta Santa è la ferita del corpo di Cristo da cui passa la grazia e la salvezza. Questa Porta sia particolarmente varcata durante la Settimana Santa nell’avvicinarci al sacramento della penitenza affinché sia un atto di vera conversione. Ricordiamoci – ha concluso il cardinale – che papa Francesco ci ha fatto un grande dono, il Giubileo della Misericordia, e saremo dei superficiali se non ne usufruissimo a piene mani».

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