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Cronaca

L'ultimo bandito sardo esce dal carcere dopo 25 anni: la storia, l'amore e il legame con l'Umbria

Tra un mese Matteo Boe, occhi di ghiaccio, uscirà dal carcere Opera di Milano. Dal suo amore per Laura Manfredi fino all'evasione dal carcere di massima sicurezza dell'Asinara

Spietato. Dallo sguardo fisso, a tratti persino fiero durante i processi che lo hanno consacrato il capo indiscusso dell'Anonima Sequestri degli anni '80. Matteo Boe uscirà dal carcere di Opera di Milano dopo aver scontato 25 anni di carcere. Esce in giorni in cui il dibattito si fa acceso con una sentenza, quella della Cassazione, che apre alla scarcerazione di un altro criminale: Totò Riina. Impossibile paragonare la ferocia di questi due uomini che, in modo diverso, hanno comunque fatto tremare l'Italia. Il primo con i rapimenti, il secondo con una lotta di mafia che conta decine di morti. Ma la legge parla chiaro: lo Stato ha il dovere di rieducare il detenuto. L'articolo 27 comma 3 vieta così una visione punitiva della detenzione, consacrandola a salvatrice di pecore smarrite per quanto deplorevoli agli occhi dell'opinione pubblica.

Una storia, quella di Matteo Boe, legata a doppio filo con l'Umbria. Qui il criminale dagli occhi di ghiaccio, così soprannominato dai giornali dell'epoca, ha scontato la maggior parte dei suoi anni. Confinato in una cella del carcere di Spoleto, si è chiuso in un lungo silenzio indipendentista. E già, perché il celebre brigante, forse ancor più della splendida compagna Laura Manfredi, ha amato la sua terra, dove è tornato immediatamente dopo essersi laureato alla facoltà di agraria di Bologna. Quest'uomo è degno di un romanzo pirandelliano, dove l'assenza di morale si fonda a volte con l'esigenza di giustificare le azioni umane. Sarà forse per la sua storia d'amore con la Manfredi, per il suo essere riuscito ad evadere dal carcere di massima sicurezza dell'Asinara, per la sua profonda cultura che lo incorona a criminale colto.

Gli studi, l'amore e la passione per la Sardegna non lo hanno fermato. Tutti ricordano le immagini di un bambino, Farouk Kassam, con un orecchio tagliato. Mozzato per chiedere in cambio un'unica cosa: il riscatto. Eppure Matteo Boe, nel suo essere crudele ed efferato di fronte a un essere umano di soli sette anni, ha amato. Un amore scoppiato immediatamente. Una passione impossibile da contenere. Laura Manfredi quando incontra Matteo Boe è solo una giovane studentessa della facoltà di agraria di Bologna, eppure decide di seguirlo, andando a vivere con lui in Sardegna. Arrivano gli anni criminali e della vita da fuggiasco. Viene preso, arrestato e rinchiuso a l'Asinara. Riesce ad evadere. Ad aiutarlo, proprio lei, Laura Manfredi, la donna che non lo ha mai abbandonato. Sopra un gommone ripesca nell'acqua il compagno e lo nasconde, fino a quando non vengono scoperti in Corsica con i due figli: Luisa e Andrea.

Ed è per la morte della piccola Luisa, freddata da un colpo di fucile mentre si trovava sul balcone di casa, che si è aperto un processo al tribunale di Perugia. La madre in un lungo libro, con il quale racconta la perdita della figlia, accusa in maniera marginale dell'omicidio l'amministrazione comunale di allora, convinta del fatto che la sua opposizione al Comune di Lula, abbia spinto alcuni avversari politici a volere la morte della figlia. Ed è proprio sul libro scritto da Laura Manfredi, accusata di diffamazione, che si è aperto un lungo processo nel capoluogo umbro per competenza territoriale, dato che il libro venne pubblicato da una copisteria tifernate. Adesso Matteo Boe uscirà dal carcere dopo aver scontato 25 anni. Nessuno sa se tornerà in Sardegna o se ad aspettarlo ci sarà Laura. Impossibile, forse, quest'ultima ipotesi perché se è pur vero che la pena può rieducare un detenuto, in alcuni casi, è pur altrettanto vero che i sentimenti cambiano, anche quelli che hanno infarcito di romanticismo una storia criminale.

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