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Cronaca

Coronavirus in Umbria, contenimento del contagio e sicurezza dei lavoratori: le regole per i test sierologici

La Regione approva il piano: le indicazioni per le aziende e per l'utilizzo dei test

Un piano per contenere il contagio da coronavirus e tutelare i lavoratori. E un punto di domanda sui test sierologici. Andiamo con ordine. La giunta della Regione Umbria, su iniziativa dell’assessore alla Salute, Luca Coletto, ha approvato il Piano di contenimento del contagio e la tutela dei lavoratori in ambienti di lavoro non sanitari.   

Ecco il piano della Regione: "In ambito lavorativo  - spiega Coletto - gli accorgimenti per evitare il contagio si devono basare sull’adozione da parte dell’impresa di misure di contenimento e distanziamento nei luoghi di lavoro, adeguando l’organizzazione dell’attività  in modo da limitare i contatti fra i lavoratori e gli utenti, applicando ferree misure di comportamento e igiene, garantendo la pulizia e la sanificazione degli ambienti e utilizzando in modo appropriato i dispositivi di protezione individuale in ogni singolo contesto lavorativo".

E poi la questione dei test sierologici. Per quanto riguarda i test sierologici applicati in contesti lavorativi, sottolinea la Regione Umbria, "va precisato che tali test non hanno un valore diagnostico, anche in considerazione del possibile cambiamento nel tempo dello stato immunitario della popolazione lavorativa". E ancora: "Il Dpcm del 26 aprile 2020  - sottolinea la Regione - prevede che “il medico competente, in considerazione del suo ruolo nella valutazione dei rischi e nella sorveglianza sanitaria, potrà suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori".

Ma c'è un problema. Con la Circolare 14915 del 29 aprile 2020, il Ministero della Salute ha disposto che "circa l’utilizzo dei test sierologici nell’ambito della sorveglianza sanitaria per l’espressione del giudizio di idoneità, allo stato attuale, quelli disponibili non sono caratterizzati da una sufficiente validità per tale finalità. In ragione di ciò, allo stato, non emergono indicazioni al loro utilizzo per finalità sia diagnostiche che prognostiche nei contesti occupazionali, né tantomeno per determinare l’idoneità del singolo lavoratore".

Quindi, che fare? "Di conseguenza – evidenzia l’assessore Coletto - nel contesto lavorativo il medico competente aziendale è la figura strategica per l’analisi del risultato del test sierologico, ma anche per il raccordo con il Servizio di Igiene e Sanità Pubblica territorialmente competente nel caso di individuazione di soggetti con immunoglobuline positive”. I test seriologici, spiega ancora la Regione, "qualora il medico competente, in accordo con il datore di lavoro, intenda utilizzarli, questi, dietro prescrizione medica, sono a carico del datore di lavoro".

L'esecuzione dell'esame, prosegue la nota della Regione, "deve avvenire nel rispetto di rigidi protocolli di sicurezza e protezione, sia a tutela degli operatori sanitari che effettuano l'esame, sia dei lavoratori dell’azienda; la partecipazione del lavoratore deve essere su base volontaria e deve essere sempre richiesto il suo consenso informato sia all'esecuzione del test, che alla trasmissione dei risultati, ai fini del controllo epidemiologico, ai competenti Servizi dell’Azienda Sanitaria Locale". In caso di positività al test, "sia per IgM, che per IgG, che per IgM+IgG, il medico competente deve invitare il lavoratore a rientrare al proprio domicilio e quindi a mantenere l'isolamento, anche dai propri familiari. Il medico deve segnalare il caso all’Azienda sanitaria e va predisposto un referto che specifica la tipologia di test utilizzato".

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