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Cronaca

Coronavirus, riaprono anche in Umbria i ristoranti al chiuso: "Ma c'è una grande incognita"

Da domani, 1 giugno, via libera per le attività prive di spazi all'aperto con la Fipe che lancia però un'allarme: "Mancano all’appello 120mila lavoratori". Consentito inoltre il ritorno del pubblico (in numero ridotto) negli stadi

Dopo le prime riaperture scattate con il decreto-legge del 18 maggio, da domani nuovi allenamenti sono in programma nelle zone gialle come l'Umbria (al momento in quella bianca sono entrate solo Sardegna, Molise e Friuli dove non si applica il coprifuoco che ora scatta alle ore 23 ma dal 7 giugno verrà spostato a mezzanotte, per chiudersi sempre alle ore 5 del giorno successivo, fino alla sua abolizione a partire dal 21 giugno).

Ecco cosa cambia da domani, 1 giugno, in Umbria e nelle altre zone gialle:

Competizioni o eventi sportivi:

Dal primo giugno all’aperto (e dal primo luglio al chiuso) sarà consentita la presenza di pubblico, nei limiti già previsti (25 per cento della capienza massima, con il limite di 1.000 persone all’aperto e 500 al chiuso), per tutte le competizioni o eventi sportivi (non solo a quelli di interesse nazionale).

Attività di somministrazione:

Dal primo giugno sarà possibile consumare cibi e bevande all’interno dei locali, sempre nel limite massimo di 4 persone se non conviventi, fino all’orario di chiusura previsto dalle norme sugli spostamenti. L’orario di chiusura dovrà coincidere con quello previsto per il coprifuoco.

Restano consentiti i servizi di delivery e take away; permane il divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze del locale.

Le prossime riaperture: tutte le date

L'ALLARME DI CONFCOMERCIO - Buone notizie dunque per attività che non avendo spazi all'aperto hanno visto prolungato di qualche settimana il proprio 'lockdown'. Sono 160mila in Italia (il 46% circa delle imprese della ristorazione) secondo Confcommercio che lancia però un allarme: "Non saranno tutte rose e fiori: i problemi che queste imprese devono affrontare sono ancora molteplici e tra questi la mancanza di personale". A sottolinearlo è in particolare la Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi aderente a Confcommercio: “C’è un'incognita che rischia di compromettere questa ripresa - spiega il direttore generale Roberto Calugi -: mancano all'appello circa 150mila lavoratori. In particolare stiamo parlando dei 120mila professionisti a tempo indeterminato che nel corso dello scorso anno, a causa dei troppi impedimenti imposti alle nostre attività, hanno preferito cambiare lavoro e interrompere i loro contratti. Si tratta di cuochi e bar tender di lunga esperienza, attorno ai quali, spesso, sono state costruite intere imprese. A questi si aggiungono altri 20mila lavoratori che lo scorso anno lavoravano a tempo determinato e che oggi, anche alla luce dell'incertezza sul futuro, potrebbero preferire strumenti di sostegno al reddito, invece di un vero impiego. Per invertire questo trend e rendere nuovamente la ristorazione attrattiva soprattutto per le figure più professionalizzate, è importante che la politica dia un segnale di fiducia, ribadendo che il processo di riapertura sarà irreversibile".

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