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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Ordinanza contro la prostituzione, l'analisi dell'avvocato: "E' illegittima, tutto da rifare"

Secondo le ordinanze del Comune di Perugia, quello che è lecito fino al primo di aprile, diventa reato contravvenzionale dal giorno successivo e lo resta fino al 31 ottobre. Dal primo novembre, tutto libero

Il controllo è affidato a vari organi (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Municipale, Polizia Provinciale) con dispendio di energie e di risorse, sottratte alla repressione di ben più gravi reati e senza considerare i maggiori costi del personale per la fascia notturna. “Insomma – scrive l’avvocato Siro Centofanti nel suo saggio “Il lavoro illecito” – un Paese a macchia di leopardo”. La Corte Costituzionale ha invero dichiarato l’illegittimità di emettere provvedimenti che non fossero “contingibili e urgenti”, ma alcuni Comuni (e tra essi quello di Perugia) hanno continuato a prorogare le proprie ordinanze. Per la città del Grifo, un’ordinanza “con efficacia temporale continuativa” non sarebbe legittima, mentre andrebbe benissimo un’ordinanza limitata ad alcuni mesi dell’anno. Anche parecchi.

Così, l’ordinanza 2/4/2012 n. 304, reiterativa delle precedenti, ha efficacia dal 2 di aprile al 31 ottobre. Problema risolto. Si fa per dire, perché si tratta di un banale, quanto ipocrita, escamotage. Rilevando, appunto, che il raggio cronologico d’azione è “limitato” a ben sette mesi. Tutto questo per aggirare il riferimento della Corte Costituzionale (sentenza n. 115/2011) che riconosce ai Comuni il potere di emettere ordinanze in un arco “temporalmente delimitato”. Insomma: ordinanze straordinarie e non provvedimenti con cadenza riferita sistematicamente a oltre la metà dell’anno. Così, per il Comune di Perugia,  la violazione si concretizza “con la semplice fermata al fine di contrattare la prestazione sessuale con il soggetto dedito al meretricio o consentendo la sua salita a bordo”.

“Atti, dunque, di sostanziale illegittimità endogena o intrinseca”, commenta l’esperto. Ci si avvale, dunque, di un auto-potere autoritativo, sprovvisto di fondamento giuridico. “Peraltro – commenta chi sa di diritto –  per facilitare la repressione, si istituisce una presunta consumazione anticipata, in quanto è sanzionato il semplice fatto di fermarsi e, al limite, di salutare l’operatrice, con palese degrado, anche in termini costituzionali, di questa spuria normativa”.

Anche un provvedimento del questore di Perugia, che vietava a una cittadina comunitaria di nazionalità rumena di far ritorno a Perugia per anni 3 (in quanto “notata in abiti succinti e in attesa di occasionali clienti…”) è stato annullato dal Tar dell’Umbria, in quanto “mancavano elementi specifici che potessero far presumere la commissione di reati”. Inoltre, il presunto “intralcio alla circolazione stradale” non era idoneo a far ritenere la commissione di atti che compromettessero la tranquillità pubblica.

Dunque, tutto da rifare: provvedimenti da annullare, illegittimi. In conclusione, una battuta dell’avvocato perugino Alberto Stafficci che, chiamato a dire la sua, osserva: “Ritengo auspicabile che il problema venga finalmente risolto a livello nazionale, con una normativa che possa tutelare - allo stesso tempo - la incolumità e la dignità delle operatrici, insieme ad una ristabilita sicurezza sanitaria”.

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