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Cronaca Città della Pieve

Città della Pieve, bimbo ucciso a coltellate: "Una falsa versione preparata in anticipo"

Secondo il gip, la donna ungherese avrebbe messo a punto una versione da fornire a soccorritori e carabinieri, poi smentita dai riscontri

Una messa in scena. Per gli inquirenti, la richiesta di aiuto al supermercato era la parte finale di una storia inventata per portare gli investigatori su un’altra pista. Quella degli uomini neri “che uccidono i bambini e violentano le donne” che Katalina Erzsebet Bradacs avrebbe iniziato a definire già il giorno prima dell’uccisione del figlio Alex.

Lo ricostruisce il giudice per le indagini Angela Avila nell’ordinanza con la quale dispone la detenzione preventiva per la 44enne ungherese, accusata di aver ucciso a coltellate il bambino. Per difendersi dagli “immigrati pericolosi”, aveva raccontato ai carabinieri che l’avevano fermata per un controllo il 30 settembre, aveva con sé un coltello. “Un uomo nero, di colore” Bradacs ha detto di aver visto andare via dal casolare abbandonato dove aveva lasciato dormire Alex mentre lei tornava indietro, lungo il sentiero in mezzo ai campi, per recuperare i giocattoli del bambino. In questo quadro rientrerebbe anche la ferita sul braccio della mamma, per gli inquirenti autoprocuratesi, Circostanze che, sottolinea il gip, le risultanze investigative smentiscono. Non c’è mai stato nessuno con mamma e figlio, nessuno si è avvicinato all’edificio ex Enel che i due avevano raggiunto a piedi intorno a mezzogiorno dell’1 ottobre, come rilevano i riscontri dei video delle telecamere di sicurezza. Nel campo incolto intorno al palazzetto i carabinieri hanno individuato il luogo dove si sarebbe consumato il delitto. Seguendo la vegetazione calpestata, infatti, i militari hanno individuato, dopo il passeggino, un trenino azzurro di plastica, un peluche, un pannolino usato. Quindi la maglietta rossa di Alex, con tagli compatibili alle ferite ricevute, la felpa della tuta della donna immortalata dalle telecamere, e una coperta bianca con animali disegnati, sporca di sangue. La stessa, rilevano, sulla quale risulta adagiato il bambino, presumibilmente senza vita, nella foto che la donna ha inviato quella stessa mattina al figlio maggiorenne che vive in Ungheria.

Ma quella dell’aggressione da parte di un “nero” è solo una delle versioni fornite dalla Bradacs. In un primo momento aveva parlato di una caduta accidentale, per esempio, Cambiando subito dopo racconto all’arrivo dei carabinieri al supermercato dove aveva chiesto, fintamente per gli inquirenti, aiuto per il piccolo. Versioni discordanti, sottolineano gli inquirenti, inverosimili, senza riscontro oggettivo. Che consolidano l’ipotesi che a uccidere il bambino non possa che essere stata la madre.

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