Cinghiale a spasso lungo il raccordo, Regione Umbria condannata a ripagare l'auto distrutta
Il conducente si era trovato davanti l'animale mentre stava facendo una curva nei pressi dell'uscita di Corciano
Autovettura distrutta per un cinghiale che scorrazzava libero sul raccordo Perugia-Bettolle all’altezza di Corciano. Automobilista porta in causa la Regione Umbria e vince, mentre l’Anas non ha responsabilità.
L’automobilista, assistito dall’avvocato Simone Costanzi, il 14 giugno del 2018 stava percorrendo, “alle ore 01:00” il raccordo autostradale Perugia-Bettolle, quando al “km 46 racc. A/1, in località Corciano”, mentre stava “affrontando una curva nel percorrere la corsia di sorpasso, entrava in collisione con un cinghiale che improvvisamente ed in modo repentino si portava dal margine al centro della carreggiata”.
Secondo i rilievi della Polizia stradale l’uomo stava guidando “ad una velocità adeguata allo stato dei luoghi e pur avendo frenato e sterzato al fine di evitare l’impatto con l’animale non vi riusciva”. La Polstrada “accertava inoltre l’assenza di uno stato di alterazione psicofisica del conducente dell’autovettura segnalando nella parte descrittiva del tratto stradale la presenza di una curva e ‘a dx visuale preclusa’ nonché il fondo stradale asciutto riportando altresì la presenza di segnaletica verticale circa il pericolo di attraversamento da parte animali selvatici e di fondo sdrucciolevole in caso di pioggia”. Gli agenti, dopo aver svolto i rilievi del caso, non comminavano alcuna sanzione non avendo rilevato alcuna infrazione al codice della strada.
A causa dell’urto l’autovettura riportava danni sia alla carrozzeria sia alle parti meccaniche che superavano di molto il valore dell’auto. Secondo il perito e il carrozziere, infatti, per le riparazioni sarebbero serviti 14.651,24 euro, ma l’auto non incidentata ne valeva meno di 8mila. Il conducente e i due passeggeri non riportavano lesioni.
Il conducente dell’auto, quindi, promuoveva un’azione civile nei confronti della Regione Umbria e dell’Anas, in qualità di gestore della strada. I due enti imputavano all’uomo la colpa dell’incidente, alla sua imperizia. Per l’Anas la colpa dell’attraversamento del cinghiale non può ricadere sull’ente, in quanto per quel tipo di tratto autostradale non è possibile installare reti anti intrusione. La Regione ricordava di aver adottato il Progetto Life, cofinanziato dall’Unione Europea, istallando sistemi sperimentali elettronici di prevenzione nei tratti di strada dove si verifica un alto numero di incidenti stradali con animali selvatici, provvedendo nel periodo 2014-2016 alla installazione di 4 sistemi sperimentali elettronici nella Provincia di Perugia e 4 nella Provincia di Terni, “rilevando che il sinistro stradale fosse da attribuire al comportamento imprudente del conducente, il quale, avrebbe dovuto tenere una velocità particolarmente moderata, al punto da essere in grado di avvistare tempestivamente l’animale”. Davanti al giudice venivano chiamati i due agenti intervenuti sul posto e confermavano che “nel tratto di strada in questione ho rilevato 2 o tre sinistri derivanti da attraversamento di animali selvatici su entrambi i tratti della carreggiata in un caso si trattava di un capriolo o cerbiatto” e confermava la relazione di servizio da cui risultava qualsiasi assenza di colpa del conducente. L’altro agente ricordava “di aver rilevato nella zona in questione altri due sinistri da fauna selvatica. In un caso si trattava di un capriolo nell’altro di un cinghiale Non so se via sia rete di protezione però nel tratto stradale in questione vi è un terrapieno”.
Il giudice del Tribunale di Perugia, seconda sezione civile, in parziale accoglimento della domanda risarcitoria proposta” dal conducente ha condannato la Regione dell’Umbria al pagamento dell’importo di euro 6.500, riconoscendo valido “l’accertamento dell’antieconomicità delle riparazioni, pertanto, giustifica la pretesa risarcitoria dell’attore sino al valore commerciale della vettura al netto del valore del relitto”. Il giudice ha rigettato la chiamata in causa dell’Anas, con condanna al pagamento delle consulenze 2/3 a carico dell’ente e 1/3 a carico del conducente.