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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Shalabayeva, non fu sequestro di persona. Assolti in appello i poliziotti

Dieci ore di camera di consiglio per ribaltare la sentenza di primo grado

Non fu sequestro di persona. Assolti perché "il fatto non sussiste" i poliziotti che gestirono l'espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukthar Ablyazov, e della figlia Alua. Dopo circa dieci ore di camera di consiglio, è questa la decisione della Corte d'appello di Perugia che ribalta le condanne di primo grado.

Assolti l'allora capo dell’ufficio immigrazione della questura di Roma, Maurizio Improta, con i suoi funzionari Vincenzo Tramma e Stefano Leoni, il capo della Mobile, Renato Cortese, i funzionari dello stesso ufficio, Luca Armeni e Francesco Stampacchia, e il giudice di pace Stefania Lavore. Lacrime e abbracci alla lettura della sentenza, in un'aula piena di poliziotti, colleghi e collaboratori, arrivati da tutta Italia per sostenere gli imputati. 

“È stata riconosciuta la regolarità della nostra attività e l’assenza assoluta di qualsivoglia iniziativa criminale. Penso a mia madre che ha 90 anni e che avrà un bel regalo, a mia moglie che proprio oggi compie gli anni, a mio nipote di sei mesi che almeno avrà un ricordo di un nonno perbene. Sono passati nove anni che nessuno mi restituirà e forse adesso potrò avere un po’ di serenità”. Così Maurizio Improta dopo la sentenza. 

Per l'avvocato Ester Molinaro che con il professor Franco Coppi ha difeso Renato Cortese, "è una pagina di grande giustizia. Questa però è anche la conferma che questo processo non doveva proprio essere iniziato". “Il fatto non sussiste significa che l’impianto accusatorio è stato completamente sradicato – aggiunge l’avvocato Molinaro - dimostrando che la procedura era corretta, anzi sicuramente, a questo punto, gli errori erano altrove e non nel capo della squadra mobile di Roma”.

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