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Estradata in Romania chiede di scontare la pena in Italia: "Lì le carceri sono inumane"

La Corte di Cassazione ha analizzato i documenti dell'amministrazione carceraria rumena: celle e orari riflettono gli standard europei

La Corte d’appello di Perugia dispone l’estradizione di una cittadina rumena che deve scontare 3 ani e 15 giorni di reclusione per spaccio di droga in patria, ma la donna ricorre in Cassazione: “Non mi mandate in Romania, lì le carceri fanno schifo”.

La donna, difesa dall’avvocato Giovanni Carlucci, è stata estradata con decisine della Corte d’appello di Perugia, “su richiesta con mandato di arresto europeo, per l'esecuzione della pena di 3 anni e 15 giorni di reclusione per i reati di cessione di cocaina, associazione criminale, truffa e falso”. Il ricorso per Cassazione si basa sulle “condizioni carcerarie rumene”, ritenendo che sussista il “pericolo di trattamenti inumani e degradanti in relazione alle condizioni detentive rumene”. Secondo il legale della donna, i giudici italiani sarebbero stati ingannati da un documento ufficiale dell’autorità “volto ad edulcorare la effettiva situazione esistente, tacendo su aspetti del trattamento carcerario, quali la privacy nelle toilette, le modalità di somministrazione dei pasti, il numero di detenuti per cella, la presenza di bagni e docce e la pulizia delle celle”. Tutti elementi che contrastano con le norme italiane ed europee sul trattamento dei detenuti.

Per i giudici della Corte di Cassazione, però, il ricorso è infondato ricordando che la Romania “garantisce ai consegnandi lo spazio minimo individuale nelle strutture carcerarie in regime di tipo ‘chiuso’ di 3 mq in cui sono inclusi arredi che consentono libertà di movimento (non si indicano infatti in tale spazio strutture fisse come ‘letti a castello’ e i servizi igienici) e in regime ‘semiaperto’ di 2 mq nel quale i detenuti usufruiscono degli spazi della cella solo per la ristorazione, per servirsi dei servizi sanitari e per il pernottamento, mentre per il resto del tempo, laddove non occupati in attività e programmi rieducativi, sono liberi di trascorrere tutta la giornata negli spazi comuni”.

Il documento trasmesso dalle autorità rumene, quindi, riflette gli standard “ritenuti non ostativi alla consegna” della detenuta alle autorità nazionali rumene.

Respinta anche la richiesta di poter scontare la pena in Italia, in quanto secondo i giudici mancherebbe il “legittimo ed effettivo radicamento del soggetto sul territorio nazionale e della possibilità di esecuzione della pena in Italia”.

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