rotate-mobile
Cronaca

Carcere di Capanne, 70 detenuti lottano per un nuovo inizio imparando un mestiere: "La formazione per non ricadere nel crimine"

La storia di Bruno: "Devo ringraziare chi mi ha offerto questa opportunità"

Il lavoro come strumento di recupero e reinserimento sociale dei deteunti. Regione Umbria, Frontiera Lavoro, carcere di Capanne  di nuovo insieme nel sostenere percorsi formativi centrati sul valore sociale del lavoro. Sono 5 i percorsi formativi per addetto alla cucina, elettricista, addetto ai servizi di pulizia e operaio agricolo a favore di 72 detenuti, di cui 15 donne, del carcere di Capanne partecipanti al progetto "Argo: percorsi formativi per il reinserimento dei detenuti".

Finanziati dal Fondo Sociale Europeo i 5 percorsi formativi, della durata di 120 ore ciascuno con la partecipazione di 15 detenuti, hanno avuto l’obiettivo di favorire l’acquisizione di competenze in previsione di un potenziale avvicinamento dei detenuti al mondo del lavoro, e di dare un senso alla pena attraverso la rieducazione e il successivo reinserimento nella società.

In Italia circa il 70% delle persone che escono dal carcere a pena espiata recidivano contro il 19% delle persone che espiano la pena in misura alternativa al carcere. L’istituto di pena perugino ha garantito le procedure necessarie per l’allestimento dei diversi laboratori formativi ed ha curato l’individuazione dei detenuti e delle detenute partecipanti al percorso formativo attraverso l’équipe multidisciplinare interna e la collaborazione con gli operatori di Frontiera Lavoro.

"Il lavoro rappresenta un mezzo di risocializzazione e una fonte di sostegno di grande importanza, oltre che uno strumento di riabilitazione per coloro che sono sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che si dimostra fondamentale per scongiurare la recidiva - ha dichiarato il coordinatore Luca Verdolini - La cultura al lavoro è una leva fondamentale per il percorso di riabilitazione e va sostenuta con interventi progettuali come questo che, in più, affermano e consolidano un modello di intervento integrato e multidisciplinare per l’inclusione sociale e lavorativa in cui diversi soggetti territoriali concorrono nel proporre un’offerta di servizi sinergici".

Tra gli allievi del progetto, Giuseppe, siciliano, 60 anni, carcerato a Perugia: "Devo ringraziare chi mi ha offerto questa opportunità. Si ricomincia solo se c’è qualcuno che crede in te e che ti fa prima comprendere la gravità dell’errore commesso. Non puoi iniziare di nuovo - aggiunge - se sei ancora convinto che quanto hai commesso era giusto. Io non ho fatto una cosa giusta".

L’istituto penitenziario di Perugia da sempre si contraddistingue per iniziative finalizzate a favorire il pieno reinserimento nella società dei detenuti una volta terminato di scontare la pena. “Il lavoro è veicolo di risocializzazione, di salvaguardia della propria dignità ed è un elemento che consente realmente all’autore di reato di poter scegliere la strada della legalità - afferma la direttrice Bernardina Di Mario - E' necessario concentrare gli sforzi su un’azione di rete tra l’istituzione penitenziaria, il territorio e la magistratura di sorveglianza per il reinserimento della persona privata della libertà personale nella società. Per questo è indispensabile la mobilitazione congiunta e, ancor prima, destare l’interesse dell’opinione pubblica".

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Carcere di Capanne, 70 detenuti lottano per un nuovo inizio imparando un mestiere: "La formazione per non ricadere nel crimine"

PerugiaToday è in caricamento