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Giovedì, 18 Aprile 2024
Cronaca Assisi

Spariti 25mila euro dalle casse del Tribunale, nei guai cancelliera e il marito

Persone e aziende sottoposte ad esecuzione dal Tribunale versavano i soldi per pagare i debiti, ma non arrivavano mai ai creditori. Accuse anche di falsi verbali per nascondere dei beni pignorati

Infedele non al marito, ma allo Stato e all’ufficio che ricopriva. Peculato e ricettazione sono le accuse che hanno portato in tribunale marito e moglie, difesi dagli avvocati Delfo Berretti e Donatella Donati, per una serie di atti illeciti commessi presso la sede distaccata del Tribunale di Assisi.

In particolare la donna deve rispondere dell’accusa di peculato perché “quale capo dell’Ufficio notifiche esecuzioni e protesti della sede distaccata del Tribunale di Assisi, pubblico ufficiale, avendo avuto, per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di somme di denaro corrispostale da persone soggette a procedimento esecutivo del Tribunale, quindi da soggetti intenzionati ad onorare i debiti contratti, se ne appropriava” facendo sparire 25.835,78 euro. Alcune delle persone danneggiate si sono costituite parte civile tramite l’avvocato Pietro Gigliotti.

Il marito avrebbe collaborato ricettando quel denaro, “sostituendo o trasferendo le somme di denaro provenienti” dal reato di peculato “in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Secondo la procura perugina avrebbe posto “all’incasso, versandoli su conti correnti cointestati” una lunga serie di assegni dei soggetti sottoposti ad esecuzione.

La cancelliera è accusata anche in non aver svolto correttamente altre funzioni che le spettavano “in qualità di capo” dell’ufficio. Per la Procura avrebbe redatto “nei confronti delle persone sottoposte a procedure esecutive, verbali di pignoramento, atti destinati a provare la verità, indicandovi falsamente, in alcuni casi, un valore di stima dei beni nettamente superiore a quello reale (fatto rilevato dagli stessi addetti dell’Istituto vendite giudiziarie) e, peraltro, inserendo beni già sottoposti ad altre procedure esecutive (omettendo anche di effettuare la rappresentazione fotografica dei beni pignorati) in altri casi di non aver rinvenuto beni e/o ulteriori beni pignorabilli” anche in presenza di macchinari, attrezzature varie, macchine da ufficio, autoveicoli e autovetture che potevano essere messe all’asta.

In un caso non avrebbe “effettuato alcuna espropriazione forzata, ma al contrario in ben quindici verbali di pignoramento” avrebbe “indicato quali beni pignorati alla predetta un vetusto impianto di condizionamento (impianto non funzionante privo di valore economico indicato quale presente presso la sede societaria, ma in realtà fatto rilevare in altri luoghi agli addetti Ivg) e/o altri beni il cui valore economico reale, diversamente da quanto indicato, è stato di difficile realizzazione e/o pressoché nullo”.

I fatti contestati dalla procura perugina sarebbero avvenuti tra il gennaio del 2008 e il luglio del 2012.

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