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Cronaca

A caccia di cinghiali di notte e con il figlio minore in auto, cacciatore condannato e tolta la licenza

L'uomo si è giustificato: "Non stavo cacciando, ma volevo far vedere i cinghiali a mio figlio". Il Tar respinge il ricorso

A caccia di notte, in periodo vietato e con il figlio minore in auto, multato, processato e con la licenza di caccia revocata.

Un cittadino, difeso dall'avvocato Gabriele Venceslai, si è rivolto al Tribunale amministrativo regionale chiedendo l'annullamento del decreto del Prefetto della Provincia di Perugia con il quale gli si vieta di detenere armi e munizioni.

Il provvedimento è stato notificato “a seguito di segnalazione da parte di una guardia giurata” che portava al controllo da parte dei Carabinieri dell’uomo “a bordo della propria autovettura in orario notturno, in compagnia del figlio minorenne intenzionato a cacciare nei giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì)”. All’interno della vettura i militari, tra i due sedili anteriori, trovavano una carabina con una cartuccia in canna pronta a sparare e, nel cassetto portaoggetti, un coltello lungo 28 centimetri e di una scatola di cartone contenente otto proiettili calibro 44 magnum.

Dal controllo scaturiva una denuncia e un procedimento penale, oltre a quello amministrativo di revoca della licenza di caccia.

Il cacciatore faceva ricorso al Tar contestando tutte le accuse penali, con tanto di decreto penale di condanna, di perquisizione e sequestro dei fucili e del coltello, ritenendo tutto giustificato dal fatto che si trovasse “in una riserva con il figlio minore in auto per osservare i cinghiali in passaggio notturno” e non per cacciare.

Secondo i giudici amministrativi, però, il ricorso sulla base del “travisamento dei fatti e difetto di motivazione avendo l’amministrazione effettuato le proprie valutazioni sull’erroneo presupposto dell’emissione a carico del ricorrente del decreto penale di condanna da parte del Tribunale” non meritevole di accoglimento.

Facendo ricorso ad un’ampia giurisprudenza i giudici ricordano che “il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto”, ma un'eccezione al normale divieto di portare armi, che il titolare del permesso deve dimostrare “la completa e perfetta sicurezza circa il buon uso delle armi stesse”, con prudenza e attenzione. E che in periodo si caccia chiusa, non si può girare con un fucile da caccia, con tanto di colpo in canna.

La valutazione del Prefetto, quindi, è corretta e il ricorso è stato rigettato.

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