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Cronaca

INVIATO CITTADINO La memoria di Brenno Tilli abbandonata nei magazzini del Comune

Lydia Tilli, figlia del noto litotipografo Brenno, figura nobile dell’anarchia perugina, avanza una richiesta al Comune di Perugia: “Datemi, per ricordo, almeno alcune di quelle pietre litografiche incise da mio padre e accumulate alla rinfusa nei depositi al Pian di Massiano”

Lydia Tilli, figlia del noto litotipografo Brenno, figura nobile dell’anarchia perugina, avanza una richiesta al Comune di Perugia: “Datemi, per ricordo, almeno alcune di quelle pietre litografiche incise da mio padre e accumulate alla rinfusa nei depositi al Pian di Massiano”.  

L’Inviato cittadino raccontò alla Vetusta la miserabile fine cui erano stati sottoposti i macchinari storici del “signor NO”, donati al Comune di Perugia nel 1990.

Il prezioso torchio e le macchine d’epoca erano infatti prima adeguatamente custoditi all’interno dell’ex convento di San Francesco al Prato. Poi, dato che quei locali servivano all’Accademia per le lezioni, i materiali finirono rinserrati dentro un capannone. Successivamente, con colpevole scelta, furono sloggiati e abbandonati tra il fango in un campo a Balanzano. Una fine miserabile per dei materiali da museo. L’esito dello scandalo e il clamore sollevato dalla mia denuncia furono il (costoso!) recupero tra la melma e il successivo conferimento presso il cantiere comunale di Pian di Massiano. Dove, macchine e pietre tipografiche giacciono, ormai da anni, in attesa di un primo restauro. Ma nessuno chiese scusa e, a tutt’oggi, nulla di positivo è stato fatto.

In quell’occasione, mi mossi su impulso di un gruppo di operatori culturali e appassionati della storia cittadina. Tra gli altri: Marcello Catanelli, Gian Franco Bottaccioli, Jacopo Giugliarelli, dopo gli interventi di Raffaele Rossi, Franco Bozzi e altre autorevoli figure del milieu politico e intellettuale cittadino.

“Era veramente uno scandalo che quei materiali giacessero in stato di abbandono, pronti per la fonderia”, ci disse Mario Zucchetti, allievo prediletto del Maestro Brenno. Allora si promise un restauro mai avvenuto. E le cose sono congelate da anni. Ora quelle pietre – se niente è cambiato – giacciono ammucchiate sotto dei teli nella depositeria comunale e si stanno deteriorando. Il loro pregio consiste nell’essere state incise a mano (tecnica ormai dimenticata) e nel contenere immagini di raro pregio: ricordo personalmente un Grifo, dei profili della città e quant’altro.

Insomma: quei capolavori dovrebbero essere tenuti come la rosa al naso. Andrebbero esposti in un luogo pubblico alla libera fruizione dei cittadini. Invece stanno lì, inutilmente ammucchiate, a deteriorarsi. Un regalo, si direbbe, proprio “sgradito”. Dice Lydia: “Le macchine e le pietre litografiche potrebbero essere donate a un collezionista dell’Alto Tevere che si premura di recuperarle e manutenerle”. “Comunque – sottolinea – credo sia un mio diritto rientrare in possesso di alcune di quelle opere. Visto, tra l’altro, lo stato poco dignitoso in cui vengono tenute”.

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