rotate-mobile
Cronaca Città della Pieve

Bimbo ucciso a Città della Pieve, tre periti per stabilire se Katalina era capace di intendere e volere quando ha colpito il figlio Alex

Delitto di Po' Bandino, il giudice per le indagini preliminari ha affidato l'incarico: il 18 luglio si torna in aula per l'esame delle perizie

Katalina Erzsebet Bradacs è incapace di intendere e volere. Almeno per lo psichiatra di Roma Maurizio Marasco che ha depositato i risultati della perizia psichiatrica, svolta a gennaio con incidente probatorio sulla donna accusata di aver ucciso il figlio Alex, di due anni, il primo ottobre del 2021 a Po’ Bandino).

Il sostituto procuratore Manuela Comodi e l’avvocato Massimiliano Scaringella, che assiste Norbert Juhasz, il padre del piccolo, non ci stanno e hanno contestato il fatto che la donna non è stata sottoposta a test o colloqui e non sono stati approfonditi i suoi precedenti ricoveri in Ungheria. Da qui la richiesta di una perizia collegiale, con la presenza di un medico ungherese per evitare le questioni di traduzione, che il giudice per le indagini preliminari ha concesso e i periti hanno giurato oggi. Presenteranno il loro elaborati il 18 luglio prossimo.

La donna, ungherese di 44 anni, accusata di omicidio volontario aggravato, è assistita dall’avvocato Enrico Renzoni.

Il primo ottobre dell’anno scorso la donna, intorno alle 16, era entrata in un supermercato, in stato confusionale, aveva adagiato il corpo del figlio sul nastro della cassa e aveva chiesto aiuto. Inutili erano stati i tentativi di rianimazione, a causa delle profonde ferite all’addome e al petto. La donna aveva raccontato, confusamente, di un’aggressione, di un uomo che aveva colpito il piccolo.

Il passeggino con alcune tracce di sangue, una maglietta sporca e un peluche, era stato ritrovato nella vicinanze dai Carabinieri, dall’altra parte della strada rispetto al supermercato, nel giardino di una palazzina abbandonata e un giardinetto incolto. Tra i reperti anche dei mozziconi di sigaretta con il dna della donna, un pannolino e tra le foglie anche un coltello. Dell’aggressore non è mai stata trovata traccia fisica o nei filmati delle telecamere di sorveglianza pubbliche e private della zona.

“Un importante elemento emerso è stato l’invio di una foto ritraente il bambino insanguinato trasmessa molto presumibilmente dalla donna al padre del piccolo in Ungheria, tramite una piattaforma social, che, alla vista della tragica immagine ha allertato tutte le autorità competenti” scrivevano i Carabinieri in una nota per la stampa. La donna, da quanto emerso, avrebbe inviato foto e filmati dell’omicidio al padre del piccolo, in Ungheria.

I due erano di fatto separati e si contendevano l’affido del bimbo. Lei lo avrebbe rapito e portato in Italia, dove aveva vissuto per qualche tempo in passato. L’uomo ha riferito di aver ricevuto un sms dalla donna: “Adesso Alex non sarà di nessuno”. Secondo gli investigatori la donna, con problemi psichiatrici già evidenziati da cure in Ungheria, odiava l’uomo e avrebbe deciso di vendicarsi uccidendo il figlio.

I periti sono chiamati a ricostruire la personalità della donna e riferire se era capace di intendere e volere al momento del delitto e se lo è anche adesso, per partecipare al processo.


 

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Bimbo ucciso a Città della Pieve, tre periti per stabilire se Katalina era capace di intendere e volere quando ha colpito il figlio Alex

PerugiaToday è in caricamento