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Cronaca Centro Storico / Galleria Kennedy

Ascensori della Galleria Kennedy, l'opera d'arte contemporanea unica al mondo rivede la luce

Non solo tecnologia e strutture di servizio. L’inaugurazione degli ascensori della Kennedy riporta alla luce un’opera d’arte contemporanea che figura in tanti cataloghi di tutto il mondo. Sia per la sua oggettiva bellezza, sia per il significato di cui è portatrice. L’ha realizzata lo scultore bevanate Pilade Trabalza e s’intitola “Cupere Pacem” (“desiderare intensamente la pace”). Si tratta di una scultura in bronzo a cera persa (eseguita e collocata oltre 35 anni fa) che insiste su un blocco di pietra serena a base pentagonale, realizzato dalle cave Borgia di Tuoro sul Trasimeno.

L’opera venne realizzata nel 1980, in occasione della prima giornata mondiale contro la pena di morte. In molte città d’Italia e del mondo vennero contemporaneamente illuminate emergenze d’arte e di storia (dal Colosseo al Palazzo ducale di Venezia…). L’iniziativa era partita dalla Comunità di Sant’Egidio. La luce della vita è quella che simbolicamente trionfa sul buio della morte. L’opera di Trabalza fu realizzata presso la Fonderia d’arte Paoletti di Ancona. L’aspetto che la rende unica consiste nel fatto che Perugia fu la sola città aderente all’iniziativa che abbia scelto di far creare a un artista un’opera originale in tema. Le altre si limitarono ad illuminare un luogo o uno spazio esistente.

Ora, dopo i lavori che l’avevano imbrattata, rimosse le erbacce e le sporcizie che la occultavano, l’opera è stata ripulita ed è ben visibile da quanti escono dai nuovi ascensori, subito sotto il piano di calpestio. Rappresenta una figura di uomo e di donna, che il maligno tenta di dividere. Un gabbiano emerge dall’acqua del Lago con le ali ancora bagnate e decolla verso il cielo, in allusione alla libertà e alla vita che trionfa. Tutto sotto lo sguardo severo e potente di un’aquila. In involontaria linea di continuità con un fatto poco noto ai più. In epoca fascista, infatti, imprigionata dentro una robusta gabbia di ferro, qui al Pincetto era tenuta una vera aquila, nutrita a carne e interiora. Era un simbolo caro al regime ma si dice che, dopo il 25 luglio 1943, gli antifascisti l’avessero uccisa e mangiata.

L’opera di Pilade Trabalza è bellissima, con forme limpide e pulite. “Al suo interno (è vuota, ndr) – dice lo scultore e incisore – è contenuto un tubo di cristallo che conserva un cartiglio con i nomi e le firme: la mia, quella dell’assessore Coli, dei tecnici e degli operai che contribuirono all’installazione. A futura memoria”. Ora che l’opera è stata riscoperta, liberata dalle erbacce e dalle tracce di cemento, sarebbe bello predisporre un faretto per una migliore visibilità notturna, secondo lo spirito originario con cui era stata concepita. Sarebbe anche opportuno rendere praticabile quel triangolo di terra su cui insiste, per consentirne la visione da vicino. Per ottenere lo scopo, è sufficiente dotare l’estremità di una ringhiera che protegga i visitatori.

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