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Cronaca

Giovane ai domiciliari a casa dei genitori per stalking verso la ex: tolte le armi al padre

Il Tribunale amministrativo: "Armi chiuse in una soffitta con porta blindata, inaccessibile all'imputato. Restituite licenza e fucili da caccia"

Il figlio viene messo ai domiciliari a casa dei genitori con l’accusa di stalking nei confronti della compagna e le forze dell’ordine tolgo armi e licenza al padre dell’arrestato: ci sarebbe il rischio di utilizzare le armi contro la ex.

Il genitore, però, fa ricorso al Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria e vince, ottenendo la restituzione di licenza di caccia e armi.

L’uomo, difeso dall'avvocato Cinzia Frappini, ha presentato ricorso contro la Prefettura di Perugia e la Questura di Perugia per l’annullamento del decreto con il quale gli “è stato fatto divieto di detenere armi e munizioni”, con obbligo “di cedere quelle in suo possesso a persona non convivente” e con revoca “della licenza di porto di fucile ad uso sportivo”.

Il provvedimento era stato preso perché “il figlio del ricorrente era stato sottoposto agli arresti domiciliari presso l’abitazione del padre” per stalking nei confronti della compagna, oltre che “alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa”.

I genitori, però, si erano “si erano trasferiti in un appartamento autonomo e con ingresso indipendente, posto al piano superiore (secondo) dello stesso stabile e che le armi del ... erano custodite nel locale soffitta posto al terzo piano del medesimo edificio, dotato di porta blindata e non in uso al figlio, così come accertato personalmente dai Carabinieri”.

Il Prefetto riteneva, però, che le misure di sicurezza non fossero adeguate per impedire l’uso delle armi da parte del figlio. Il procedimento penale, inoltre, si era concluso con una remissione di querela da parte delle vittima, il pagamento di un risarcimento da parte dell’imputato e “il non luogo a procedere nei confronti di quest’ultimo”.

Per i giudici amministrativi il fatto che “la sentenza di non luogo a procedere è intervenuta dopo l’adozione del divieto prefettizio di detenzione di armi e munizioni, la remissione della querela da parte della parte offesa (evento peraltro frequente nei casi di conflittualità fra persone legate da rapporto di coniugio o di parentela) non risulta ex se idonea ad eliminare, sul piano storico e fattuale, i comportamenti e le circostanze che l’Amministrazione aveva ritenuto rilevanti ai fini del giudizio di inaffidabilità in ordine alla condotta di vita e all'assenza di pericolo di abuso da parte del congiunto dell’odierno ricorrente”. Su questo punto, quindi, non c’è l’accoglimento dei motivi di annullamento.

Merita accoglimento, invece, la parte in cui si contesta il rischio che il figlio potesse abusare delle armi del padre. Sono i Carabinieri stessi che hanno testimoniato come i fucili fosse in un altro appartamento, inaccessibile al figlio, con porta blindata, assicurando così la “sicura e personale affidabilità circa il buon uso delle armi e che non vi sia pericolo che abusi possano derivare da parte dei soggetti con cui ha relazioni familiari o personali”.

Da qui l’accoglimento del ricorso “con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati”.

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