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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Archeologia industriale, addio. La Vetusta ti cancella. La triste riflessione dell’urbanista Mauro Monella

Archeologia industriale, la Vetusta ti ha detto addio. L’amara riflessione dell’urbanista Mauro Monella. Lungo il cahier de doléances comprendente tante “ex”. Elenca: Ex Poligrafico, ex mattatoio, ex tabacchificio, ex fabbrica della eroica moto Perugina, ex fornace di S. Marco: tutte vere e proprie icone del Novecento.

Monella, architetto di rango ed esponente di Italia Nostra scrive: “È paradossale: in Umbria siamo stati i primi in Italia a varare una Legge per ‘la tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale (Legge Regionale n. 5 del 20 marzo 2013)’. Eppure siamo i primi a cacciarla sotto i piedi”. Ma cos’è l’Archeologia industriale? Precisa Mauro Monella: “È costituita da un insieme di cultura materiale e immateriale, un patrimonio irripetibile e irredimibile”.

Di che si tratta? “Consta di edilizia specialistica: edifici come veri e propri scrigni entro cui sapienza ingegneristica, inventiva meccanica, spazi adeguati, strenuo lavoro delle maestranze, si compenetravano alla perfezione”.

Ma perché si è deciso di eliminare, radere al suolo? È lecito chiedersi a che pro sia stata emanata quella Legge. È dunque possibile disattenderla, anzi violarla palesemente? “Se quella Legge fosse stata attuata, oggi disporremmo di edifici, spazi, luoghi adatti e compatibili per attività sociali e specialistiche, con un occhio al valore storico specifico. Le scuole e tante altre categorie ne avrebbero tratto profitto”.

Insomma, quella legge è come una nave arenata, vero? “È triste riconoscere che il tanto decantato progresso non c’è. Lo sviluppo, insomma, si è avviluppato! Diceva Pasolini che lo sviluppo non è sempre progresso. Questo ne costituisce un caso lampante”.
Insomma, a Perugia si vive peggio di una volta? “Tra aria venefica, auto ovunque, soste selvagge, architetture sublimi malamente occultate da inopportuna cartellonistica, arredi storici che spariscono uno dopo l’altro, snaturalizzazione di vie e piazze, desertificazione della città storica, marciapiedi sfasciati, strade dissestate, totale imperizia degli addetti alla manutenzione e creazione del verde, è evidente che qualcosa non va come dovrebbe. Invece di tante abbaglianti luminarie, ci vorrebbe un faro della Ragione”.

Ex_mattatoio_Perugia-2Cosa mi dici del concetto di periferia? “La periferia è sempre più periferia, ricettacolo in balia della solita masnada scorrazzante. Tutto questo, e non solo, contribuisce a una effimera Perugia che sta perdendo sempre più la propria identità”.
Colpa della politica politicante, della mala amministrazione? “È il frutto di una mala interpretazione terminologica e concettuale, nella quale vengono confuse le denominazioni di politica e amministrazione. Il nobile sostantivo “politica” viene frainteso, soppiantato e relegato entro i recinti di una mera, sonnacchiosa e burocratica routine. Insomma: amministrazione assopita o addirittura dormiente”.

Errori dovuti a mancanza di prospettiva, insipienza o semplice ignoranza di norme, colpevole sottovalutazione problemi? “Sono tante le vistose lacune, inadempienze e manomissioni impoverenti per la città. Errori che potrebbero essere evitati ed evenienze negative scongiurate, se i responsabili della cultura locale, anziché dedicarsi allo sport del taglio dei nastri, in preda alla malattia chiamata “nastrite”, ottemperassero ai loro rispettivi doveri di tutela e di buon governo”.

Un po’ anche colpa nostra? “Non abbiamo saputo tutelare opere che avremmo dovuto difendere coi denti. Realizzazioni che, seppur umili, avrebbero rappresentato altrettante preziose testimonianze del nostro passato recente, un fulcro per le attività di quartiere”.
Errori a catena e approssimazione? “Vero è che omologazione e acculturazione hanno vanificato e distrutto quei luoghi preziosi, autentici templi del lavoro, a zone grigie, anonime e vituperate. Valori che spariscono e fanno perdere il senso di storia e identità cittadina”. Cala così il sipario su un passato di carattere identitario, colpevolmente buttato alle ortiche.

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