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Cronaca

La mafia non perdona, aziende perugine fagocitate dalla camorra

Solo pochi giorni fa la manifestazione contro le mafie, oggi si torna però in aula per parlare dell'inchiesta ribattezzata Apogeo. In tutto 17 imputati

Solo pochi giorni fa i cittadini sono scesi per le strade di Ponte San Giovanni. A capitanare il corteo uno striscione dal titolo “Contro tutte le mafie”. Un gesto simbolo per dire basta alla malavita. Un grido, in mezzo al silenzio, per accendere i riflettori sulle tante inchieste che si sono aperte dalla Procura di Perugia in questi anni per associazione mafiosa. Tra queste la ribattezzata “Apogeo” approdata nuovamente oggi, 30 gennaio, in tribunale, ma immediatamente rinviata al 6 marzo, giorno in cui dovrebbe arrivare o meno il rinvio a giudizio per i 17 imputati.

Secondo il pm Antonella Duchini le persone coinvolte, a vario titolo, si sarebbero macchiati di gravi reati tra cui truffa aggravata, riciclaggio, evasione e bancarotta fraudolenta. In base alle indagini c’è chi avrebbe acquistato società in crisi per  poi creare un’altra serie di società con sedi inesistenti o in paesi esteri. I soldi per l’acquisizione dell’aziende, sempre stando alle indagini, sarebbero arrivati dal clan dei Casalesi. Il “braccio operativo” umbro avrebbe poi impegnato le somme per acquistare appunto le aziende e portarle al fallimento, mettendo così in crisi il sistema edilizio locale e poterne creare uno proprio.

Tutto era partito alla metà del 2010, quando una delle “vittime” del  clan (che ha patteggiato un anno e otto mesi) raccontò di gesti intimidatori nei suoi confronti. L’uomo non reggendo più la pressione decise di rivolgersi alle forze dell’ordine, parlando di strani investimenti che stavano interessando il perugino e che riguardavano il mercato edilizio e il settore della rtistorazione. L’uomo raccontò, inoltre, delle pesanti minacce: “Uno di loro mi disse che dovevo stare attento a come mi comportavo perché sennò sarei finito annegato nel cemento”. Atteggiamenti e minacce che ricordano il sistema mafioso.

Ad essere indagati nella vicenda  Angelo Russo (avvocati Nicola Cappuccio e Guglielmo Ventrone), Filippo Gravante (avvocati Guglielmo Ventrone e Paolo Raimondo), Pasquale Tavoletta (avvocati Giovanni Cantelli e Antonio Abet), Antonio Iossa (avvocati Giovanni Cantelli), Giuseppe D’Urso (avvocati Alberto Mercurio e Donatella Panzarola), Salvatore Orecchio (avvocati Roberto Fiorucci e Giorgio Franciosa), Gaetano Cacciola (avvocato Carlino Carrieri), Maurizio Papaverone (avvocati Maria Alice Mejia Fritsch), Fiorella Luciana Pavan (avvocato Pasquale Fabio), Stefano Malmassari (avvocato Gianluca Tognozzi), Carmelo D’Urso (avvocati Teresa Giurgola e David Gubbiotti), Santi Carmelo Balastro detto Santino (avvocato Carlo Autru Ryolo), Giuseppe Marino (Nicola Di Mario e Michele Nannarone), Lambrino Diana (avvocato Roberto Antonini), Marcello Briganti (Annalisa Galeazzi); Zinnarello Giuseppe (avvocati Massimiliano Grossi e Ottavia Pierotti) e De Pandi Gennaro (avvocato Pietro Gigliotta).

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