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Cronaca

L'antenna della discordia di Ferro di Cavallo non si tocca: anche il Tar approva l'installazione

Respinto il ricorso di venti cittadini che lamentavano lo spuntare dell'antenna all'improvviso senza che nessuno avesse comunicato il progetto

L’antenna della discordia a Ferro di Cavallo non si tocca. Respinto il ricorso di venti residenti, assistiti dall’avvocato Fabio Buchicchio, contro la società Iliad che aveva montato il ripetitori, il Comune di Perugia per i permessi e l’Agenzia regionale per la protezione ambientale che aveva espresso parere favorevole.

I cittadini contestavano l’omessa comunicazione “dell’istanza finalizzata all’installazione dell’impianto” e la non disponibilità “dell’area destinata all’installazione della stazione di telefonia mobile” da parte del gestore, oltre all’illegittimità dell’installazione in area non prevista dal Piano di settore vigente. Contestata anche l’assimilazione dell’impianto, “pur sviluppato secondo la tecnologia del 5G ad un 4G”.

Per i giudici del Tribunale amministrativo regionale dell’Umbria “dalla documentazione versata in atti risulta infatti che il Comune di Perugia ha reso edotta la cittadinanza circa le varie fasi procedimentali volte all’installazione della stazione radio”, che la “la disponibilità dell’area non risulta un presupposto per l’avvio del procedimento autorizzatorio”, bensì conta “il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche”. Tutti elementi che la società telefonica avrebbe rispettato.

Dalla documentazione versata in atti risulta anche “l’inoltro da parte di Iliad Italia s.p.a., sin dal novembre 2017, del proprio programma di sviluppo di rete, successivamente integrato con missiva del 1 ottobre 2018, in cui è stato appunto indicato il sito di Ferro di Cavallo”.

Quanto alle “vigenti previsioni urbanistiche” l’installazione “di impianti di telefonia” necessita di “opportuna istruttoria in ordine ai profili radioprotezionistici e sanitari, nonché, dei profili architettonici e paesaggistici eventualmente coinvolti dall’impianto”, ma non rientra nel piano di previsione urbanistica. L’antenna, inoltre, non si troverebbe “a ridosso di un’area sensibile”.

Per questo motivo il Tar ha respinto il ricorso e condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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