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Amanda Knox "chiama" Mignini per una video-intervista, il pm: "Sono disponibile, ma le posizioni rimangono opposte"

La statunitense a caccia di soldi o intende chiudere il cerchio di una vicenda che ha segnato la città e molte vite? Il magistrato: "Ancora non c'è nulla di preciso"

Amanda Knox vuole “monetizzare” la sua vicenda giudiziaria. Ne scrive il Foglio (Amanda Knox, ancora in cerca di se stessa ma preda dei media spregiudicati), lo ha raccontato lei in un’interivista al New York Times e nel suo podcast Labyrinths e lo ha fatto con i diritti da 3,8 milioni di dollari del suo libro (proventi che sono serviti a pagare gli avvocati e i mutui sulle case per le spese legali).

“Penso che sia vero solo in parte, questo aspetto della monetizzazione – dice Giuliano Mignini, sostituto procuratore che ha seguito per intero il processo contro Amanda Knox e Raffaele Sollecito (definitiamente assolti dalla Cassazione, ndr) – A mio pare non è solo questione di soldi, ritengo che ci sia il bisogno personale di chiudere la vicenda, di fare i conti con quanto avvenuto”.

Sulla vicenda, naturalmente, le posizioni rimangono distanti e opposte. “Sui processi e sulle sentenze io mantengo la mia posizione e voglio ribadire che non ho mai avuto nulla contro di lei – prosegue Mignini – Ma penso anche che Amanda e Raffaele continuino a ritenere non tanto di essere innocenti, ma che non avrebbero mai dovuto trovarsi dalla parte degli indagati e poi imputati e in carcere. Capisco anche che cerchi una sorta di riabilitazione e, anche secondo me, è stata trattata male dalla stampa, è stata interpretata male la sua posizione e la sua figura”. Chiaro riferimento a “Foxy Knoxy”, la giovane furba e scaltra ragazza statunitense tutta feste e divertimento.

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Amanda ha scritto di essere impegnato in un progetto sulla sua vicenda personale e processuale, un incontro-confronto in video, registrato e venduto alle emittenti televisive. Un progetto del quale Amanda Knox ha parlato a Giuliano Mignini a Mantova, a giugno del 2019. Dialogo proseguito tramite don Saulo Scarabattoli, all’epoca cappellano del carcere di Capanne, rimasto in contatto con la statunitense.

“Finché era in servizio non potevo incontrarla, adesso che sono in pensione non ho problemi, ne abbiamo parlato, anche tramite don Saulo Scarabattoli – prosegue Mignini - Non ho capito bene, però, cosa voglia esattamente di sicuro. Se vuole un dibattito certamente, anche se le nostre posizioni restano profondamente oppsote. Mi vuole incontrare? Non ci sono problemi, ma non può pensare che possa cambiare idea. Al netto delle sentenze, fino a quella definitiva che li assolve con formula dubitativa, sono rimasto perplesso e colpito daI comportamento degli indagati-imputati: avrebbero potuto affrontare la vicenda in tutt’altro modo, ma restano profondamente convinti che non doveva neanche essere indagati”.

È attesto per gennaio, infine, pubblicato da Morlacchi editore, il libro sul caso Meredith scritto proprio dal magistrato, adesso in pensione, Giuliano Mignini. Un volume scritto con il taglio dell’investigatore e del giurista.

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