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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca Città della Pieve

Omicidio di Po' Bandino, mamma in aula, in silenzio ascolta l'accusa: "Così ha ucciso il figlio Alex"

Iniziato davanti alla Corte d'assise il processo a carico della donna accusata di aver ucciso il bimbo di due anni nell'ottobre del 2021. La difesa chiede una nuova perizia

In silenzio, vicina al suo avvocato. Katalina Erzsebet Bradacs ha ascoltato, senza proferire parola, quanto accadeva intorno a lei nell’aula del Tribunale di Perugia, dove la Corte d’assise ha aperto il procedimento a suo carico con l’accusa di aver ucciso il figlio Alex nell’ottobre del 2021 a Po’ Bandino.

Omicidio aggravato dalla premeditazione, per la Procura di Perugia, per vendicarsi del padre, con il quale era in atto una battaglia legale per l’affido esclusivo. La giustizia ungherese aveva già stabilito che la donna non fosse idonea alla custodia del bambino, affidandolo al padre, costituito parte civile tramite l’avvocato Alessandro Scarongella.

Secondo quanto appurato dagli investigatori, la donna era fuggita dall’Ungheria con il bambino, confidando di poter trovare lavoro e una sistemazione in Italia, in Umbria, dove aveva già lavorato in passato. Poi la situazione che era cambiata, i rapporti sempre più tesi con l’ex compagno, fino al delitto.

La Corte d’assise, nel corso dell’udienza filtro, ha ammesso le fonti di prova e le testimonianze depositate dalla Procura di Perugia e dal difensore della donna, l'avvocato Enrico Renzoni, il quale ha anticipato la richiesta di una nuova perizia, dopo che in fase di udienza preliminare ne erano state effettuate due: la prima con esito che non era piaciuto alla Procura, nella quale si ipotizzava un difetto nella capacità della donna di stare in giudizio; una seconda lasciava ampi spazi sulle capacità di intendere e volere dell’imputata, ma comunque consapevole di quello che aveva fatto al figlio. Secondo i periti c’è spazio per parlare di una capacità diminuita al momento dell’omicidio, un vizio parziale di mente che potrebbe essere usato per una sentenza più mite.

La donna il 1° ottobre del 2021 era entrata in supermercato, adagiando il corpo del figlio sul nastro trasportatore delle casse, chiedendo aiuto.

La prima versione del delitto raccontata agli investigatori era stata quella “dell’uomo nero” che aveva pugnalato il piccolo Alex, seduto sul passeggino, mentre lei si era allontanata di pochi metri, forse per telefonare o fumare una sigaretta.

La madre è stata ripresa dalle telecamere a Po’ Bandino, “solo lei con il bambino” mentre “percorreva il sentiero che porta al rudere dove è avvenuto il delitto” e “sempre sola, con il figlio in braccio, questa volta ferito e verosimilmente già privo di vita” quando “giunge nel supermercato” dove compie il gesto di adagiarlo, chiedendo aiuto.

La donna, 44 anni, in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato, mentre chiedeva aiuto aveva già inviato foto, video e audio che ritraevano, testimoniavano e rendevano noto il delitto a parenti e amici in Ungheria. Si tratta di file che gli investigatori diretti dal sostituto procuratore Manuela Comodi hanno rintracciato seguendo i numeri delle comunicazioni via cellulare. Immagini e video diffusi tramite social ad amici, parenti (come il primo figlio, 18enne, che poi avrebbe allarmato le autorità avendo visto l’immagine del fratellino morto) e che testimoniano il disagio della donna, così come testimoniato dai servizi sociali ungherese che le avevano tolto il bimbo, affidandolo al padre, con diritto di visita due volte e sotto sorveglianza.

Tra gli elementi di prova c’è anche una telefonata tra la donna e il padre del bimbo. Telefonata nella quale la donna chiede all’ex compagno di poter avere più giorni a disposizione con il figlio, affinché non si dimentichi di lei. L’uomo le dice che non spetta a lui concedere qualcosa, ma che è necessario che lei si curi prima e accetti la decisione del giudice. La 44enne, con un passato da ballerina nei night e nel mondo del porno, piange, si dispera, dicendo che così non lo vedrà per anni e il bimbo non si ricorderà di lei.

Il delitto sarebbe maturato nell’ambito del rapporto conflittuale con l’ex marito, proprio per l’affidamento del figlio, che le autorità ungheresi avevano dato all’uomo, ritenendo la donna inaffidabile. Eppure era riuscita a lasciare il proprio Paese e tornare in Italia, dove si è consumato il delitto, consumato per punire l’uomo che riteneva il nemico.

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