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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

Ai Notari, Alberto Grohmann vola alto e traccia un grande affresco della Perugia dopo il XX Giugno

Alberto Grohmann vola alto e traccia un grande affresco dell’urbs e della civitas perusina, storicamente declinate. Il tema di cultura e identità tira di brutto (malgrado certe operazioni minimizzatrici), se è vero che la gente è uscita da casa, con quel caldo bestia, per assistere a una conversazione, “Perugia dopo il XX Giugno”, che si intuiva bella e puntuta.

Primo Tenca – che introduce – e la sua Società di Mutuo Soccorso hanno dunque motivo di forte soddisfazione. Anche perché Alberto, oltre che accademico e storico dell’economia, figura nell’elenco dei membri della più antica società cittadina, nata all’indomani dell’Unità. Grohmann parte sempre con qualche citazione: recupera Agostino d’Ippona, ma riporta anche il “cos’è la storia” di Marc Bloch, senza dimenticare Henri Bergson, Simone De Beauvoir e Friedrich Nietzsche, il cui pensiero (in generale) dista qualche chilometro da suo. Insomma: Storia è conoscenza e interpretazione, ma non spiegazione.

Poi il relatore analizza le fasi di luce e di ombra della vicenda perugina, riassumendo i punti salienti della costruzione della Rocca Paolina e di quel doloroso 20 giugno 1859, svelando particolari non sempre noti ai più. Il sindaco, seduto sui banchi laterali, ascolta assorto e annuisce. Poi le truppe liberatrici del De Sonnaz, Porta Santa Margherita e Porta Sant’ Antonio, il ruolo dei domenicani e dei benedettini.

Quindi l’annessione plebiscitaria e la costruzione della nuova Perugia postunitaria. Le demaniazioni, la frammentarietà del patrimonio agrario, il ruolo della massoneria. Poi l’altro XX Giugno, quello della Liberazione, con tanti risvolti che toccano perfino l’Orfanello, l’aereo di dubbia identità che martoriò Perugia, quasi risparmiata dai bombardamenti. Il pubblico ammira la capacità di sintesi e il senso critico del relatore. Che non risparmia scudisciate al consumo dissennato di territorio con nuove costruzioni negli anni del boom, cementificazioni che hanno divorato, snaturato e spopolato. Lasciandoci contenitori, svuotati di ruolo e di funzioni, abbandonati al degrado (carceri, caserme e tanto altro).

Infine, una riflessione (“Fin dal Medioevo la diversità era ricchezza!”), che disorienta qualcuno Poi, dopo l’ovazione, una ripresina rivelatrice. A dimostrazione del fatto che lo studioso non sta con la testa girata al passato, ma si vale dell’analisi socio-storica per calarsi nelle tematiche della contemporaneità. Non era, dunque, aggirabile il tema dell’accoglienza e delle grandi migrazioni. Stavolta, Grohmann riceve uno scroscio di applausi: “anche” ideologici.

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