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Cronaca

Archi, conservoni e acquedotto medievale "in malora": la storia di Perugia abbandonata al degrado

È triste constatare  lo stato di ciò che resta di una delle più celebri opere della fulgida storia perugina medievale, inquadrabile in quello che fu il nostro "rinascimento" del secolo XIII: l'acquedotto che dal monte Pacciano portava acqua alla Fontana Maggiore

Che cosa resta di questa importante testimonianza storica della potenza, dell'ingegno e dell'ambizione dei nostri concittadini di allora?

“Resta un "Museo delle Acque", ampiamente sottoutilizzato, sebbene dotato di valide strumentazioni tecnico-scientifiche e delle relative illustrazioni didattiche”.

 E i "conservoni"?

“Anche di questi, proprio perché per definizione si trovano sotto terra, è possibile solo intuire qualcosa, dalla consistenza della superficie soprastante e da qualche opera muraria, senza alcuna tabella che illustri al visitatore la struttura, la funzione e, soprattutto, la vicenda plurisecolare di questo prezioso patrimonio cittadino”. 

Ma lo stato di maggiore abbandono è purtroppo riservato ai vari tratti degli "arconi" sui quali era collocato l'acquedotto. Un'escursione permette di toccare con mano, da una parte, la maestosità dell'opera nella sua concezione originaria; dall'altra, lo stato di precarietà e di oblio che la "pubblica incuria" sta riservando a questi giganti: in parte dimenticati tra la vegetazione nel fondo della valle, in parte resi irriconoscibili dall'edera che li avvolge completamente, oppure addirittura interrati proditoriamente da un privato, una quarantina di anni fa.  

Conclude Frittelli: “Di fronte a questo spettacolo, si ha l'impressione che uno straordinario bisogno di oblio abbia colto anche il popolo perugino, al punto da fargli dimenticare e gettare nella spazzatura le più significative testimonianze della sua storia. Eppure basterebbe abbastanza poco per risollevare le sorti di questi sfortunati testimoni della nostra passata identità”.

“Naturalmente – osserva Frittelli – un ruolo dovranno averlo anche le istituzioni, prime fra tutte il Comune di Perugia, ma senza il rituale piagnisteo per i soldi che non ci sono. I soldi non servono, quando c'è la volontà concorde dei cittadini e l'orgogliosa determinazione di riappropriarsi della propria memoria”.

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