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L'avvocato risponde

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A cura di Isabella Tonzani

Terremoto de L'Aquila: la sentenza è davvero contro la scienza?

L'analisi delle 950 pagine di motivazioni della sentenza del Tribunale dell'Aquila che ha condannato i componenti della Commissione per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, per la morte ed il ferimento di oltre 30 persone a seguito della scossa del 06 aprile 2009.

IL QUESITO: Questa volta rispondo a quelle persone che mi hanno contattato esprimendo perplessità sulla sentenza emessa dal Tribunale de L'Aquila il 23 ottobre 2012, le cui motivazioni sono state depositate a fine gennaio 2013.

La sentenza, di primo grado, ha condannato i componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, per omicidio colposo e lesioni di oltre trenta persone nel terremoto del 06 aprile 2009.

Il mondo della scienza, anche internazionale, ad ottobre aveva contestato la sentenza accusando il Tribunale de L'Aquila di aver condannato ingiustamente gli scienziati della Commissione e paragonando questo processo a quello fatto dall'Inquisizione contro Galileo, secoli prima. "E' impossibile prevedere i terremoti" - si era detto- per cui la scienza non può essere responsabile della morte delle persone.

La giustizia farà il suo corso (ci sono ancora due gradi di giudizio) e vedremo se questa sentenza sarà confermata o meno. Quel che unicamente ci interessa è capire il ragionamento che vi sta alla base, chiarito in ben 950 pagine di motivazioni.

IL CAPO DI IMPUTAZIONE: la Procura aveva chiesto la condanna degli "imputati BARBERI Franco, DE BERNARDINIS Bernardo, BOSCHI Enzo, SELVAGGI Giulio, CALVI Gian Michele, EVA Claudio e DOLCE Mauro per i reati di cui agli artt. 113, 589 commi 1 e 3, 590 c.p., poiché in cooperazione colposa tra loro: BARBERI Franco, quale Presidente vicario della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi e Ordinario di Vulcanologia Università Roma Tre; DE BERNARDINIS Bernardo, quale Vice Capo settore tecnico operativo del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile; BOSCHI Enzo, quale Presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e Ordinario di Fisica Terrestre Università di Bologna; SELVAGGI Giulio, quale Direttore del Centro Nazionale Terremoti; CALVI Gian Michele, quale Direttore della Fondazione Eucentre (European Centre for Training and Research in Earthquake Engineering) e Ordinario di Progettazione in zona sismica Università di Pavia; EVA Claudio, quale Ordinario di fisica terrestre Università di Genova; DOLCE Mauro, quale Direttore dell’Ufficio Rischio Sismico del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e Ordinario di Tecnica delle costruzioni Università diNapoli Federico II; tutti quali componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi, riunitasi a L’Aquila in data 31.03.2009 con “l’obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane”; per colpa consistita in negligenza imprudenza, imperizia; in violazione degli artt. 2, 3, 9 Legge n. 225 del 24.02.1992, degli artt. 5 e 7 bis Legge n. 401 del 09.11.2001, dell’art. 4 Legge n. 21 del 26.01.2006, dell’art. 3 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 23582 del 03.04.2006; in violazione altresì della normativa generale della Legge n. 150 del 7 giugno 2000 in materia di disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni; effettuando, in occasione della detta riunione, una “valutazione dei rischi connessi” all’attività sismica in corso sul territorio aquilano dal dicembre 2008 approssimativa, generica ed inefficace in relazione alle attività e ai doveri di “previsione e prevenzione”; fornendo, in occasione della detta riunione, sia con dichiarazioni agli organi di informazione sia con redazione di un verbale, al Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, all’Assessore Regione Abruzzo alla Protezione Civile, al Sindaco dell’Aquila, alla cittadinanza aquilana, informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie sulla natura, sulle cause, sulla pericolosità e sui futuri sviluppi dell’attività sismica in esame, in tal modo vanificando le finalità di “tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi che determinino situazioni di grave rischio”, affermando che sui terremoti “non è possibile fare previsioni”, “è estremamente difficile fare previsioni temporali sull’evoluzione dei fenomeni sismici”, “la semplice osservazione di molti piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore” e al contempo l’esatto contrario ovvero “qualunque previsione non ha fondamento scientifico”; ritenendo che “i forti terremoti in Abruzzo hanno periodi di ritorno molto lunghi. Improbabile il rischio a breve di una forte scossa come quella del 1703, pur se non si può escludere in maniera assoluta”; ritenendo che “non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento”; rilevando che “le registrazioni delle scosse sono caratterizzate da forti picchi di accelerazione, ma con spostamenti spettrali molto contenuti di pochi millimetri e perciò difficilmente in grado di produrre danni alle strutture, c’è quindi da attendersi danni alle strutture più sensibili alle accelerazioni quali quelle a comportamento fragile”; qualificando lo sciame sismico che interessa L’Aquila da circa tre mesi come un normale fenomeno geologico; esso “si colloca diciamo in una fenomenologia senz’altro normale dal punto di vista dei fenomeni sismici che ci si aspetta in questo diciamo in questa tipologia di territori che poi, è centrata attorno all’Abruzzo però, ha colpito un po’ il Lazio, un po’ le Marche, oscillata diciamo nella zona del centro Italia”; affermando che allo stato attuale, non vi è pericolo, la situazione è favorevole perché c’èuno scarico di energia continuo, “non c’è un pericolo, io l’ho detto al Sindaco di Sulmona, la comunità scientifica mi continua a confermare che anzi è una situazionefavorevole perciò uno scarico di energia continuo, e quindi sostanzialmente ci sono anche degli eventi piuttosto intensi, non sono intensissimi, quindi in qualche modoabbiamo avuto abbiamo visto pochi danni”; venendo così meno ai doveri di valutazione del rischio connessi alla loro qualità e alla loro funzione e tesi alla previsione e alla prevenzione e ai doveri di informazione chiara, corretta, completa; cagionavano, in occasione della violenta scossa di terremoto (magnitudo momento MW = 6.3, magnitudo locale ML = 5.8) del 06.04.2009 ore 3,32, la morte di 38 persone (segue elenco) e il ferimento di 5 persone (segue elenco).In L’Aquila tra il 31.03.2009, data della riunione della Commissione Nazionale per la Previsione e la Prevenzione dei Grandi Rischi e il 06.04.2009, data dell’evento."

Di seguito, quindi si analizzerà la sentenza; il testo fra virgolette indica gli estratti del provvedimento.

COSA DICE LA SENTENZA:

Il Giudice estensore, Billi, innanzitutto, ricorda che era stato il dott. Bertolaso, Capo della Protezione Civile a richiedere la riunione, a L'Aquila, della Commissione. Tale riunione era stata fissata per il 31.03.09 e doveva avere ad oggetto “un'attenta disamina degli aspetti scientifici e di protezione civile relativi alla sequenza sismica degli ultimi quattro mesi verificatesi nei territori della provincia di L’Aquila e culminata nella scossa di magnitudo 4.0 del 30 marzo alle ore 15,38 locali”.

Ai sensi dell'art. 9 L. 225/92, infatti, "la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è organo consultivo e propositivo del Servizio nazionale della protezione civile su tutte le attività di protezione civile volte alla previsione e prevenzione delle varie ipotesi di rischio. La Commissione fornisce le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all’esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti, nonché all’esame di ogni altra questione inerente alle attività di cui alla presente legge ad essa rimesse."

Normalmente la Commissione riferisce le sue conclusioni alla sola Protezione Civile, e non alla popolazione, ma, nel caso specifico- ricorda il Giudice Billi- si era voluto fare un'operazione espressamente mediatica, tesa a tranquillizzare la gente, tanto che alla riunione del 31.3.09 avevano partecipato anche Sindaci ed esponenti politici locali. Così le conclusioni - secondo il Giudice - "rassicuranti" della Commissione erano state portate immediatamente a conoscenza della popolazione aquiliana. I membri della Commissione avevano effettuato anche delle interviste televisive.

Nel provvediemento si ribadisce che non è stato un processo alla scienza ma a sette funzionari dello Stato che "in maniera negligente e basandosi su incomplete modalità di analisi sul rischio sismico concreto", avevano dato sostanzialmente delle risposte errate: "in tal modo la popolazione aquilana è stata investita da un contenuto informativo diretto e rassicurante che ha disinnescato la istintiva ed atavica paura del terremoto ed ha indotto i singoli ad abbandonare le misure di precauzione individuali seguite per tradizione familiare in occasione di significative scosse di terremoto, con tragiche conseguenze (...)".

Le difese degli imputati avevano obbiettato che nei mesi precedenti alla riunione del 31.03.09 anche i giornali e la televisione avevano dichiarato che non c'era pericolo, per cui non tutta la responsabilità degli eventi poteva essere data alla Commissione. La sentenza ha rimarcato che, tuttavia, nello stesso periodo c'erano state anche molte notizie sui media di segno opposto, e che, proprio per chiarire questa confusione ed incertezza degli eventi era stata convocata, a L'Aquila, la Commissione di esperti.

Secondo il Tribunale de L'Aquila l'esame dei testimoni avrebbe riconosciuto che la Commissione era tenuta in gran considerazione dagli Aquilani, ed in particolare dalle vittime, che la consideravano formata dai massimi esperti nazionali del settore e di cui si fidavano.

E' emerso che dei quattordici edifici crollati molti erano stati costruiti prima del 1975, senza l'osservanza di norme antisismiche ed alcuni erano stati addirittura costruiti  con gravi difetti a causa di illeciti delle ditte appaltatrici. E' emerso anche che da circa sei mesi vi era uno sciame sismico in atto nel territorio de l'Aquila.

Secondo il principio generale dell'art. 40 del codice penale "nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se l'evento dannoso o pericoloso da cui dipende l'esistenza del reato non è conseguenza della sua azione od omissione". Ne deriverebbe che poichè la morte delle vittime è stata causata dal terremoto e dall'inadeguatezza degli edifici, gli esperti della Commissione non avrebbero potuto essere chiamati a rispondere di omicidio colposo o lesioni.

Tuttavia la sentenza ha fondato la decisione sull'art. 41 c.p. che dice che "il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento".

In sostanza, il Giudice ha riconosciuto una relazione concausale tra la condotta (negligente ed imprudente) degli imputati, le cause sopravvenute (la scossa di terremoto del 6.4.09) e le cause preesistenti (vulnerabilità degli edifici, vetusti, non costruiti secondo norme antisismiche).

Gli imputati, alla riunione del 31.03.09, avrebbero potuto, sulla base delle loro conoscenze e dei dati in loro possesso, prevedere il verificarsi di una scossa di forte intensità che avrebbe causato i danni poi verificatisi.

La sentenza afferma che lo standard di diligenza, di prudenza e di perizia che si richiedeva agli imputati era particolarmente elevato perchè essi, "nel settore nel quale hanno in concreto operato il 31.3.09, non erano degli scienziati "di livello medio" ma rappresentavano, "per specifica indicazione legislativa (art. 1 D.P.C.M. n. 23582/01), il meglio professionalmente auspicabile (...) il tipo di agente dotato delle più elevate conoscenze, del più alto livello di competenza nel campo della previsione e prevenzione dei grandi rischi applicate alla Protezione Civile. Pertanto, ad essi era richiesto  "di non limitare l’esame agli elementi che appaiono certi alla loro percezione", bensì dovevano "anche ipotizzare l’esistenza di situazioni non direttamente e immediatamente percepibili, ma la cui esistenza non poteva essere esclusa nella situazione contingente con una condotta di previsione adeguata alle loro qualità”.

Infatti, secondo questo ragionamento, la condotta degli imputati poteva andare esente da condanna solo se vi fosse stato “un percorso causale completamente autonomo rispetto a quello determinato dall'agente (cioè dai membri della Commissione, ndr); una linea di sviluppo del tutto anomala e imprevedibile della condotta antecedente; una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista e non prevedibile, che fosse stata da sola sufficiente a produrre l’evento”.

Nel caso di specie, però, secondo il Giudice, non si è verificato alcun elemento del genere:
"Le concause, anche quelle costituenti fatto illecito altrui, rientravano tutte nella sfera di prevedibilità degli imputati:
• vi rientrava il giudizio di prevedibilità nel breve/medio termine di un terremoto con i medesimi caratteri di quello verificatosi alle ore 03.32 del 6.4.09;
• vi rientrava il giudizio di prevedibilità circa le conseguenze che avrebbe potuto determinare un terremoto di tal genere su un panorama edilizio già indicato come generalmente vulnerabile, vetusto e sismicamente inadeguato;
• vi rientrava il giudizio di prevedibilità di condotte preesistenti integranti il fatto illecito altrui, non potendosi ragionevolmente sostenere, per i motivi sopra detti, che errori originari di calcolo o di progetto, violazioni colpose della normativa antisismica vigente all’epoca dell’edificazione degli edifici crollati, l’utilizzo di materiali scadenti con impiego di tecniche e di tecnologie costruttive antiquate, potessero rappresentare, per gli imputati, elementi a sorpresa e cioè circostanze assolutamente eccezionali, atipiche, anomale, tali da generare un percorso causale completamente imprevedibile."

Va detto, per completezza, che la sentenza non ha accolto le richieste di risarcimento danni di tutte le parti civili (familiari delle vittime) che si sono costituite in giudizio. Dopo aver sentito i testimoni, infatti, il Giudice ha accolto solo le richieste di risarcimento danni per cui è stata raggiunta la prova che le vittime decisero di non abbandonare le loro case proprio a causa delle rassicurazioni della Commissione.

LA RISPOSTA DELL'AVVOCATO:

La condanna dei componenti della Commissione si basa sull'applicazione del principio espresso dall'art. 41 del codice penale. Il Tribunale de L'Aquila ha riconosciuto che la scossa di terremoto del 06.04.09 e la vulnerabilità dei quattordici edifici caduti (molti dei quali costruiti prima del 1975 senza il rispetto delle norme antisismiche) sono state cause concomitanti della morte delle 39 persone ma esse non erano così imprevedibili ed eccezionali  da  interrompere il rapporto di causa-effetto fra la condotta negligente ed imprudente dei componenti della Commissione  e l'evento (morte o ferimento delle persone). In termini più chiari, è vero che la scossa di terremoto e l'inadeguatezza degli edifici sono state anch'esse cause della morte, ma se i membri della Commisisone (i massimi esperti nazionali nel loro settore) avessero tenuto un comportamento diligente e prudente, con le informazioni e le conoscenze in loro possesso, avrebbero potuto prevedere questi rischi, allertare la popolazione e impedire l'evento: al contrario, le notizie rassicuranti da essi fornite, hanno portato molte delle vittime a rinunciare alle precauzioni usuali e a rimanere negli edifici che poi sono crollati.

Questa, si ribadisce, è solo l'analisi della sentenza di primo grado per cui nessun giudizio vuole essere dato sulla effettiva colpevolezza o meno degli imputati.

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