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Sette sintomi che ci dicono quando è bene rivolgerci a uno psicologo

Molte persone avvertono segnali che appartengono alla sfera dell’ansia, della depressione e delle relazioni ma non sempre sono in grado di riconoscerli. Ecco i consigli della Dottoressa Marinella Cozzolino su come tenere alta la guardia

Ansia, depressione e difficoltà nelle relazioni che non sempre riusciamo a riconoscere. Questi comportamenti disfunzionali possono farsi sempre più spazio in noi, fino a renderci stanca e incapace di cogliere le sfumature della vita.

Per aiutare a mettere a fuoco meglio i propri bisogni emotivi, la Dottoressa Marinella Cozzolino - Psicologa, Sessuologa clinica e Presidente dell’Associazione Italiana Sessuologia Clinica, nonché fondatrice di Dimmy, piattaforma di psicoterapia online 7 giorni su 7 dalle 8 alle 24 - ha evidenziato 7 segnali da non sottovalutare, in presenza dei quali è bene chiedere aiuto ad un psicologo.

I 7 segnali d'allarme psicologico

Evitamento: è una manifestazione dell’ansia che consiste nell’evitare, pur volendola, una particolare situazione, poiché qualora la vivessi mi darebbe ansia. Ci sono tanti esempi: un ragazzo può manifestare l’evitamento non uscendo con gli amici, un adulto con difficoltà a sottoporsi a colloqui di lavoro o a visite mediche, o difficoltà a seguire una dieta. Come reagire? Il primo passo è prendere consapevolezza di mettere in atto un evitamento. Il secondo è evitare che peggiori. Il pericolo infatti è che le cose che evito aumentino sempre più.

Aggressività: atteggiamento tipico di chi ha paura e di conseguenza attacca. L’insicurezza, infatti, porta spesso ad essere aggressivi. In forma verbale, fisica nei confronti di se stessi, degli altri o di altro (prendo a pugni il muro, distruggo oggetti). Molto spesso nasconde insicurezza: la persona cela la propria sensibilità e maschera dietro l’aggressività la sua paura di sentirsi inferiore. Anche l’aggressività è una possibile manifestazione dell’ansia.

Difficoltà a contenere gli impulsi: è propria di chi ha difficoltà nelle relazioni. Sono persone che litigano con tutti, che devono dire tutto e non riescono a contenere l’istinto. Capita loro di dare uno schiaffo ad un bambino, in coppia si tirano oggetti, non riescono a smettere di bere e soprattutto di mangiare. Questo perché il mangiare ha anche a che fare col mordere, col distruggere. È una scarica solitaria di aggressività.

Calo del tono dell’umore: è una delle diverse maniere con cui si manifesta la depressione. Tutti noi viviamo giorni di malinconia e di tristezza, ma sono funzionali alla persona, poiché richiamano la capacità di guardarsi dentro, di stare soli. Se però questi momenti sono molto frequenti, si parla di calo del tono dell’umore: la persona avverte di non avere voglia, non avere stimoli, nemmeno uno nell’arco di settimana. Al contrario, per stare bene bisognerebbe provare entusiasmo anche per le piccole cose, non solo per le grandi. Quando non si riesce a dire “Che bello!” per troppi giorni di seguito è un chiaro segnale di allarme.

Compensazione: di base compensare è sano. Molte forme di depressione vengono compensate. Persone depresse da un punto di vista affettivo o familiare, compensano immergendosi nel lavoro o facendo molto sport.  Ad esempio, se mio marito mi ha lasciata, riempio le mie giornate per non pensare. A meno che non si diventi dipendenti dalla cura. Anche se il lavoro mi cura le ferite amorose, in ogni caso non devo lavorare 19 ore al giorno. Perdo il gusto del godimento. Se mangio un cioccolatino lo faccio per assaporarlo, se ne mangio 3 pacchiè un modo per dirmi che sono depressa.

Dipendenza affettiva/ Distacco emotivo: all’inizio di una relazione siamo tutti “dipendenti affettivi”. Ma è la quantità che fa la differenza: quanto spazio prende questo comportamento. La mia felicità dipende dall’altro, che diventa una specie di droga, indispensabile per stare bene. È un comportamento per lo più femminile. Il distacco emotivo, invece, è più frequente negli uomini. Si parte dal presupposto di non aver bisogno di nessuno. Eppure l’evitamento di una relazione porta a frequentare più donne. In questo modo non si stabilisce un’intimità con nessuna di loro, né si crea alcuna dipendenza.

Senso di colpa: è legato sia all’ansia che alle relazioni. Lo provano soprattutto i giovani: “Mi sento in colpa a lasciare mamma a casa, a chiedere soldi in più, a passare il Natale fuori perché mamma e papà ci restano male”. In parte è sano, perché vuol dire mettersi in contatto con le proprie responsabilità. Purché siano vere e non figlie della propria ansia o di relazioni disfunzionali.

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